lunedì 25 maggio 2015


QUESTIONE DI APPARTENENZA!

L’Europa vive tempi non facili, si sente dire da tutte le parti: 
ma quando mai sono stati facili i tempi?
Se ripercorriamo la Storia di Millenni non credo che ci siano stati mai ‘’tempi facili’’, è stato un susseguirsi di emergenze e di stravolgimenti storico-geografici, l’Europa, unita o divisa, ha affrontato invasioni barbariche, espansioni ed invasioni islamiche, una guerra dopo l’altra, la fame, tempi di carestie, dittature, regimi totalitari, stragi e genocidi, la storia gronda sangue da tutte le parti, non ci sono mai stati tempi né facili nè felici… eppure la Storia ha sempre vinto sulla disperazione, sull’immobilismo, sulla distruzione; l’Europa è sempre rinata dalle sue macerie, non ha mai piegato né il capo né il cuore, ha combattuto la guerra più difficile: quella contro la rassegnazione e la paura, ha reagito con forza, ma anche con coraggio sostenuto dalla speranza e da ideali forti: la speranza che la libertà è possibile, che un futuro migliore è possibile, che la vita vince sempre sulla morte, che la pace è possibile.
I confini europei hanno cambiato forme e dimensioni continuamente, hanno vissuto attacchi e invasioni di ogni genere… ma mai l’indifferenza è prevalsa sul buon senso e sulla solidarietà.
Ma se la Storia resta solo un libro di carta, allora capisco il perché di questi tempi e la sua incapacità a prendere decisioni risolutive: perché non ha imparato niente dal passato e si trova senza mezzi e senza speranza, senza voglia di andare avanti e di farsi carico delle sue responsabilità in questa realtà che chiede con forza e con urgenza un intervento deciso, chiaro e immediato perché… il tempo è vita… e mentre si attendono Consigli, ordinari o straordinari, risoluzioni e trattative… c’è chi muore di fame, di paura, di violenza, di stragi, di guerre, di annegamenti, nella più tragica indifferenza di questa civiltà che mostra la sua più disumana inciviltà.
Questo accade quando gli interessi economici prevalgono su quelli umanitari.
È semplicemente e terribilmente la prova della nostra disumanizzazione, la prova che il potere economico vince sul potere della vita: l’antico adagio dice che ‘’il tempo è denaro’’ ed è quanto mai vero in questo contingente; resta però il fatto che questo proverbio ha due modi di lettura: la lettura ordinaria che spinge al potere economico e la lettura straordinaria che ci dice che la nostra civiltà è succube del potere economico, la vita stessa è sottomessa al potere del dio denaro, ciò vuol dire che non ci sono altre priorità se non quella di salvaguardare gli interessi economici che fanno girare il mondo fino all’implosione su se stesso.
I tempi per i dibattiti e i temporeggiamenti diplomatici sono tempi pagati con la vita; i tempi per i conti in tasca sono tempi pagati con la vita non di uno, due, tre, mille, diecimila… ma di milioni di profughi e sfollati che non hanno più né un presente né un futuro, ma che spinti dalla speranza… sfidano anche la morte; la  morte però lo sappiamo  è subdola, rapida e vorace, li aspetta dovunque, li precede nel cammino e non si risparmia nell’ingoiarne a centinaia, a migliaia, a milioni sotto i nostri occhi addormentati e abbagliati ancora da favole metropolitane… lontane migliaia di anni luce dalla nostra realtà!
Le difficoltà economiche, militari, diplomatiche e quant’altro sono difficoltà reali, nessuno dubita di questo, si fanno i conti con situazioni davvero complicate e di difficile soluzione, la crisi non è certamente un’invenzione, ma ogni crisi porta con sé un cambiamento importante e permette di porre le basi per la costruzione di un futuro più solido e più efficace, più attento ai bisogni umani, carico di aspettative e di speranze.
In realtà, però, sta succedendo esattamente il contrario: la crisi sta creando profonde depressioni nella governance dei singoli Stati e vuoti abissali nell’organizzazione continentale; ovviamente, in queste condizioni non si è in grado di farsi carico di altre emergenze, soprattutto se questo vuol dire investimenti straordinari di risorse economiche ai soli fini umanitari, senza nessun beneficio economico di ritorno, anzi con altre perdite di denaro che non ritornerà mai più nelle casse degli Stati coinvolti.
Investire denaro per salvare vite umane non è né una priorità né una possibilità da mettere in conto in questo momento storico in un’Europa che fa i conti con le sue crisi economiche ma soprattutto morali, perché poi alla fin fine il punto è soltanto questo: si interviene in un modo o nell’altro a secondo dell’ideale più forte che spinge all’azione o all’immobilismo.
L’unico ideale che regge questa Unione Europea è quella del potere economico, degli accordi, anche illegali, per lo sviluppo e l’espansione economica dei singoli Stati, diciamo che si è disposti a vendersi l’anima pur di accumulare soldi su soldi, da investire non nei propri Paesi, ma per speculare su altre situazioni drammatiche, sfruttando lavoro nero e lavoro minorile in altre realtà territoriali provati da fame, carestie e bisogni primari.
Il vero punto, il nodo – direi – da sciogliere  sta nell’ideale di turno che sorregge il mondo spingendolo all’azione: smarrito il senso umanitario, di origine cristiana, prevalgono le idolatrie pagane capeggiate dal dio-denaro che fa ed autorizza stragi lavandosene le mani e girando lo sguardo dall’altra parte.
Gesto nobile e quanto mai opportuno quello dell’Italia di recuperare i corpi rimasti intrappolati nell’ultimo naufragio del Mediterraneo per dare loro sepoltura, ma anche per sottoporli allo sguardo dei Capi europei, nel tentativo di scuotere le loro coscienze narcotizzate dal profumo intenso e delirante del denaro; un gesto forte per due buone cause, ma sicuramente oltre alle parole e ai gesti di diplomatica commozione, non smuoverà, non schioderà nessuno dalle proprie convinzioni, perché non è la commossa partecipazione ad un funerale, vera o finta che sia, a cambiare le regole del gioco, non è la morte a dare la spinta verso la vita, semplicemente perché quelle vite non appartengono a loro, per questo l’indifferenza resterà tale; è ritenuta vita solo quella che rientra nei recinti geografici del proprio territorio, tutto il resto può anche andare a fondo, è questa la logica odierna di questa civile e moderna Europa.
L’Italia se ne discosta un po’, cerca possibili soluzioni, accoglie e non respinge, però poi la cronaca ci parla di speculazioni drammatiche sulla pelle degli immigrati, di cifre esorbitanti investite per gli immigrati che finiscono nelle tasche dei gestori dei centri di accoglienza che continuano a maltrattare la vita in difficoltà e continuano a rimpinguarsi i conti privati e familiari.
Certo non è così per tutti, ma non si tratta neanche di casi così sporadici.
Il guadagno facile diventa un gioco facile quando la vita non ci appartiene.
È una questione di APPARTENENZA!
Alla base di tutto questo sconquasso esistenziale che ci sta fortemente provocando da alcuni anni, altro non c’è se non lo smarrimento del senso della vita e della morte, dell’appartenenza ad un unico ceppo umanitario; permangono e prevalgono tuttora le differenze e non le somiglianze, ci separano le diversità e non ci accomuna ancora il bisogno di tutelare la Vita a prescindere dalle latitudini in cui essa incontra maggiori difficoltà o chiede l’aiuto del mondo.
Questa partita storica la si gioca direttamente sul Campo della Vita laddove le sconfitte danno vigore alla Morte.
Sì, siamo in balìa dei giochi economici e intanto la Morte fa razzìa quotidiana di vite umane.
È triste tutto questo.
Anzi è pericoloso tutto questo, perché il Tempo storico non si nutre solo di denaro, se non è sostenuto dal bisogno di Vita prima o poi crollerà su se stesso, precipitando come in un buco nero, inghiottito dal Nulla, svanito per sempre, inesistente, invisibile, materia-non-materia che vive di sé, ma che non farà mai più parte di un Progetto di Vita in cui la priorità è il Bene Comune di un’intera Umanità e non delle singole realtà territoriali che si sbranano a vicenda, facendo l’una dell’altra terra di conquista sulla pelle umana.
L’Europa sembra essere cieca in questo momento su alcuni fronti, mentre tiene gli occhi ben aperti su altri, ma questo gioco è pericoloso, ne va di mezzo il futuro di tutti, orientali ed occidentali, al di qua e al di là dell’Oceano.
Sembra una semplice partita a scacchi, ma … dice papa Francesco… è una terza guerra mondiale a pezzi!
E non si tratta di profezia, ma di sguardo critico e obiettivo su questa realtà, è la realtà nuda e cruda che è sotto gli occhi di tutti, ma siamo troppo presi dalla commiserazione di noi stessi e dai conti bancari che non tornano per accorgerci che il futuro dipende anche dalla salvaguardia della Vita in tutte le sue forme e le sue necessità.
È risaputo che la Storia ha cambiato strada sotto la spinta di ideali, si dice spesso che ‘’un libro ha fatto più stragi di una guerra’’, basta citare l’esempio dei Moti Carbonari e di tutti quegli scrittori che hanno costruito il terreno della civiltà dei loro tempi con le parole forti di ideali universali: libertà, uguaglianza…
Il vero problema storico, sociale e culturale di questi nostri tempi è che quell’ideale forte che potrebbe spingere all’azione è una parola inflazionata: SOLIDARIETA’.
Questo ideale fa paura, spinge più a trattenersi che ad andare, non ha la forza sufficiente per spingere all’azione, semplicemente perché non va a favore di se stessi ma degli altri, degli sconosciuti, dei diversi, di gente che non ci appartiene.
È un ideale fragile perché ci chiede conto del fratello, quando il nostro sguardo è rivolto solo noi stessi.
È un ideale che nasce dalla Voce stessa del Creatore: ‘’Dov’è tuo fratello?’’.
Un interrogativo devastante, ma ancor più devastante è la risposta: ‘’ Non sono mica io il custode di mio fratello!’’.
La nostra risposta, dopo miliardi di anni, è ancora e soltanto questa.
E fino a quando continuerà ad essere solo e soltanto questa… ogni Consiglio, ordinario o straordinario… naufragherà drammaticamente nell’oblìo e nelle lungaggini del tempo.
Se non cambia la nostra risposta alla domanda di fondo, non cambieranno i tempi, non cambierà l’indifferenza, non cambieranno le stragi annunciate, non cambierà il cuore indolente dell’uomo, che abbagliato dalle luci del potere economico, non si accorge più di essere prossimo alla morte, avendo smarrito il conto dei suoi battiti e il senso del suo esistere.
La realtà ci dice che ‘’il tempo è vita’’… ma noi continuiamo ad illuderci e a convincerci che il ‘’tempo sia soltanto… denaro!’’.

Un’umanità povera di denaro ha pur sempre una certa possibilità di sopravvivenza, ma un’umanità povera di solidarietà riduce al minimo le poche possibilità di sopravvivenza… un minimo che diventa rischio… allarme rosso!!!

Nessun commento:

Posta un commento