Svolta del Papa: aprire ai profughi ma con prudenza
di Gian Guido Vecchi - Corriere della Sera, 2 Novembre 2016
Parla di ritorno dalla Svezia, Francesco, a cui riconosce «una lunga tradizione: non solo nel ricevere
ma anche nell’integrare». E allora, nell’affrontare il tema dell’accoglienza dei profughi coglie
l’occasione per un’importante riflessione...
Santità, da Siria o Iraq cercano rifugio nei Paesi europei e alcuni rispondono con paura, c’è chi
teme una minaccia al cristianesimo. Qual è il suo messaggio anche alla Svezia, che ora comincia a
chiudere le sue frontiere?
«Come argentino e sudamericano ringrazio tanto la Svezia perché tanti argentini, cileni, uruguaiani
sono stati accolti al tempo delle dittature militari. La Svezia ha una lunga tradizione di accoglienza:
non solo nel ricevere ma anche nell’integrare, nel cercare subito casa, scuola, lavoro, integrare in
un popolo. Si deve distinguere tra migrante e rifugiato. Il migrante deve essere trattato con certe
regole, migrare è un diritto ma un diritto molto regolato. Invece un rifugiato viene da una
situazione di guerra, fame, angoscia terribile. Ha bisogno di più cura, di più lavoro, e anche in
questo la Svezia ha sempre dato un esempio. Fare imparare la lingua, integrare nella cultura. Non
dobbiamo spaventarci per l’integrazione delle culture perché l’Europa è stata fatta con una
integrazione continua di tante culture».
«Credo che in teoria non si possa chiudere il cuore a un rifugiato. Ma c’è anche la prudenza dei
governanti che penso debbano essere molto aperti nel riceverli ma anche fare un calcolo di come
poterli sistemare. Perché un rifugiato non lo si deve solo ricevere ma integrare. E se un Paese ha
una capacità di venti, diciamo cosi, di integrazione, faccia fino a questo. Un altro di piu, faccia di
più. Ma sempre con il cuore aperto. Non è umano chiudere le porte e il cuore, e alla lunga questo si
paga, si paga politicamente, come si paga anche una imprudenza nei calcoli, nel ricevere più di
quelli che si possono integrare».
Qual è il pericolo?
«Quando un rifugiato o un migrante non è integrato si ghettizza, entra in un ghetto, e una cultura
che non si sviluppa in rapporto con l’altra cultura, questo è pericoloso. Credo che il consigliere più
cattivo dei Paesi che tendono a chiudere le frontiere sia la paura. E il consigliere più buono la
prudenza. Un funzionario del governo svedese e mi diceva che hanno qualche difficoltà, perché
vengono in tanti e non si fa in tempo a sistemarli, a trovare scuola, casa, lavoro, far imparare la
lingua... La prudenza deve fare questo calcolo. Se la Svezia diminuisce la sua capacità di
accoglienza credo non lo faccia per egoismo o perché ha perso la capacità. Se c’è qualcosa del
genere è per ciò che ho detto: tanti oggi guardano alla Svezia perché ne conoscono l’accoglienza, ma
non c’è il tempo necessario per sistemare tutti».
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