ALLA RADICE DEL RAZZISMO
Quest’aforisma
ci chiarisce perfettamente qual è la radice del razzismo: la
superficialità della conoscenza dell’altro.
Il non
sfogliare mai l’intera storia di una vita, ma il fermarsi alla lettura, tra l’altro
anche superficiale, del solo titolo di copertina!
Quest’aforisma,
infatti, fa perfetta sintesi del nostro
modo di essere, di pensare e di agire, del nostro modo di rapportarci agli
altri: la maggior parte delle persone, infatti, pensa di poter giudicare gli
altri da una parola, da un gesto, da un fatto isolato della sua vita, crede di
indovinare la vita di una persona leggendo solo la copertina, cioè fermandosi
in superficie... e la superficie è un abito, un colore, una lingua… andare in
profondità è cercare di capire cosa quella lingua sta cercando di dirci… non
fermarsi al codice… ma decodificare e comprendere; è come chi si trova in biblioteca
fra migliaia di libri ed è convinto di poter capire il contenuto di tutti solo leggendo
il titolo … un codice che non ha nessuna intenzione di decodifcare.
Il
titolo, lo sappiamo, è solo un ‘indicazione, le vicende di una vita, invece,
vanno molto più in là di una semplice indicazione; anzi, molte volte, è solo
leggendo il contenuto di tutto il libro che si può comprendere il senso del
titolo di copertina!
Alcuni
si spingono più in là del titolo di copertina, leggono l’introduzione, si addentrano,
cioè, di mezzo passo in più, si affacciano sulla vita altrui dando uno sguardo
d’insieme e si convincono, anche in questo caso, di aver già capito tutto.
L’introduzione
ha, appunto il compito di introdurre, di dare la chiave di lettura, ma resta
una chiave, è solo un’indicazione su come leggere ed interpretare correttamente
quanto letto, che va comunque sempre letto per capirne veramente il senso.
Se ci
si ferma alla chiave di lettura senza mai fare la lettura … la chiave da sola
non serve a niente, perché essa serve per aprire, se non viene usata per questo
compito… è una chiave inutile che può portare fuori strada.
C’è
poi chi si affida alle critiche e ai giudizi degli altri, limitandosi a
prendere atto di una situazione filtrata con gli occhi altrui che, magari,
possono avere un orientamento particolare ed essere mancanti di un altro; ogni
sguardo ed ogni pensiero non sempre comprendono la totalità del ‘’panorama’’;
così, affidandosi allo sguardo altrui, si rischia di essere deviati e
disorientati, perché in quella lettura personale potrebbero mancare tanti altri
aspetti importanti per una lettura corretta e completa della situazione.
Ben
pochi conoscono le storie vere, perchè ben pochi rischiano di andare fino in
fondo ed assicurarsi che quel che lascia indovinare il titolo sia confermato
dal contenuto letto.
È solo
la lettura del contenuto che darà conferma a quanto espresso nell’introduzione
e sintetizzato nel titolo e non viceversa.
Cosa voglio dire con tutto questo?
Semplicemente che il razzismo nasce dal nostro fermarci alle apparenze,
al primo impatto, oppure dal nostro farci condizionare dalle ideologie altrui, dal
nostro fermarci sulla soglia della vita degli altri e non certo per delicatezza
nei loro confronti o per rispetto della loro intimità, ma per comodità… perché è
più facile puntare il dito piuttosto che mettere le mani in pasta!
Perchè siamo convinti di poter capire tutto degli altri guardando solo da
uno spiraglio, spiando dal buco della
serratura e lasciarsi andare a critiche e giudizi, piuttosto che avere il
coraggio di aprire la porta e guardare in faccia chi viene a bussare e porgergli
una sedia per sedersi alla propria tavola.
È chiaro che non va bene così, perché questo è il modo più sicuro per
andare fuori strada, per prendere cantonate, per fare del male agli altri, per
alimentare la fonte del razzismo: la distanza e l’esclusione nutrono i
pregiudizi e i preconcetti.
Abbattere quelle distanze è interrompere il circolo vizioso del razzismo!
La storia di un libro è piena di sfaccettature, di novità, sorprese,
sentimenti, stati d’animo, cambi di direzione, scatti, imprevisti, sorprese,
emozioni… così la vita di una persona è una storia dai mille risvolti, a volte
si scopre di aver vissuto con qualcuno per una vita intera e ancora non lo si
conosce del tutto... come si potrebbe mai giudicare la vita di qualcuno senza
nemmeno averlo guardato direttamente negli occhi una sola volta?
Per fare un esempio concreto, vediamo quello che succede agli immigrati:
ci sono quelli che si limitano a scrivere grandi titoli sui giornali schematizzando
le esistenze di interi popoli.
Ci sono quelli che scrivono articoli partendo da statistiche e numeri di
casistica facendo diventare la vita di una persona semplicemente un numero da
aggiungere o da togliere.
Ci sono quelli che leggono i titoli o gli articoli e pensano di sapere
già tutto quello che si deve sapere per poter giudicare quella persona, ci si
crea, così, un’idea preconcetta, perché parziale e manchevole di elementi significativi.
Si pensa con la testa altrui e non con la propria, non si esercita il giudizio
critico, ma solo il giudicare che diventa critica distruttiva.
Poi ci sono quelli, come don Giuseppe, che non si fermano alla lettura
dei titoli o degli articoli o delle critiche gratuite, ma si rimboccano le mani
ed offrono una porta aperta a coloro che per tutti gli altri sono ‘’soltanto un
titolo, un numero, una statistica’’; sono quelli che mettono in gioco la propria vita e si
accingono a scrivere una storia nuova, una storia diversa insieme all’altro,
standoci dentro e non dietro un foglio di giornale o uno schermo televisivo, a
distanza; sono quelli che non si limitano alla funzione di spettatori o giudici
della vita altrui, ma diventano co-autori di una storia di vita scritta a
quattro mani.
Certo che la prospettiva cambia se ci si ferma a leggere ciò che scrivono
gli altri o si scrive ciò che gli altri leggeranno.
I pregiudizi e i preconcetti nei confronti degli altri nascono proprio da
questa nostra superficialità di lettura, dalla nostra presunzione di sapere
tutto dell’altro senza nemmeno conoscerne il nome.
Ma a noi, purtroppo, non interessano i fatti… interessa la cronaca, il
giudizio e la sentenza, interessa portare avanti una nostra convinzione
personale; ci si appropria della libertà del giudicare, quasi si fosse tutti
giudici e pubblici ministeri, pronti a puntare il dito e a condannare senza
appello, come tutti coloro che vorrebbero rimandare indietro gli immigrati come
‘’pacchi postali da rispedire al mittente’’,
basandosi solo su numeri e numeri: tanti sbarchi in un anno, tanti rifugiati in
un mese, tanti profughi in un campo di accoglienza. Solo numeri. Solo titoli di
copertina!
Abbiamo forse dimenticato le NAVI colme e stracolme dell’emigrazione del
primo Novecento quando eravamo noi a partire? Erano navi enormi e non semplici
gommoni: in questo caso i conti li si dovrebbero fare per davvero, credo che la
capienza di una nave valga ben più di qualche decina di gommoni!
Ma a noi interessano solo i titoli…
per farne l’argomento del giorno.
A chi invece interessa la vita… ne fa l’impegno di ogni giorno!
Emran con la sua pagina di diario ci ha dato un esempio chiaro di cosa c’è
dietro ogni ‘’numero’’ e dietro ogni titolo di giornale!
Ma avere il coraggio di andare oltre il titolo… non è da tutti… è molto più facile
sorseggiare una bibita ghiacciata sotto un ombrellone e dire… ‘’ Uffa, ne sono arrivati altri 100’’… e
poi girarsi dall’altra parte e riprendere a sonnecchiare lasciando che sia
sempre qualcun altro a scrivere quella storia che lui non leggerà mai!
Ed è così che il razzismo prosegue, avanza e alimenta la storia dell’umanità…
Ed è così che i pregiudizi sostituiscono la realtà…
Ed è così che escludendo la vita dell’altro dalla propria vita… si finisce
con l’escludere se stessi dalla propria vita… perché, come diceva Ungaretti ‘’ si sta come d’autunno sugli alberi le foglie’’:
basta un colpo di vento per far morire la foglia, così come basta un colpo di
fucile a far cadere un soldato… così come basta un pregiudizio per uccidere una
vita.
Non ci si deve sostituire al vento, ma si deve imparare a vivere insieme
come FOGLIE di un unico ALBERO: L’ALBERO DELLA VITA!
Le foglie di un albero sono della stessa specie ma hanno dimensioni e
colori diversi, è nel loro stare insieme che danno senso all’albero e lo
arricchiscono di bellezza e di frutti.
Sull’albero c’è sempre posto per tutti; le foglie non si escludono a
vicenda.
Dove cade una foglia, resta il posto vuoto.
Così l’Albero dell’Umanità ha
posti per tutti, se ci si sente uniti alla stessa radice e non divisi dalle ideologie
e dai titoli dei giornali.
Se uno di noi cade, tutta l’umanità perde. Se ci si fa cadere a vicenda,
tutta l’umanità perde.
Se si esclude l’altro… tutti saremo esclusi un giorno!
Siamo foglie di uno stesso Albero, Albero di una sola Radice… Radice di
un solo Atto d’Amore… siamo frutti dell’Amore, chiamati ad amare… chiamati ad
accogliere… chiamati a farci prossimi, chiamati … a chiamare per invitare…
chiamati a scrivere insieme la Storia dell’Umanità, dove non c’è spazio per il
razzismo, ma solo per il frutto maturo e saporito… dell’abbraccio fraterno!

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