venerdì 22 agosto 2014

PAGINE DI STORIA

IRAQ, IRAN PRONTO AD AGIRE CONTRO L'ISIS SE VERRANNO REVOCATE LE SANZIONI 

SUL NUCLEARE


L'Iran accetterà di «fare qualcosa» nella lotta contro lo Stato islamico in Iraq e nel Levante (Isis) in cambio della revoca delle sanzioni e di progressi nei colloqui sul nucleare con le grandi potenze. Lo ha detto il capo della diplomazia iraniana, Mohammad Javad Zarif, secondo quanto riportato dai media.
L'Iran è disponibile a fare la propria parte nella lotta contro i jihadisti a condizione che le potenze mondiali revochino le sanzioni imposte a Teheran a causa del suo programma nucleare, ha detto Zarif, citato dall'agenzia d'informazione ufficiale Irna.


Iraq, Isis distrugge mausoleo di S. Giorgio Cittadini salvano il minareto di Mosul«Se accetteremo di fare qualcosa in Iraq, l'altra parte nei negoziati (il gruppo '5+1', cioè i cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell'Onu e la Germania, ndr) dovrà fare qualcosa in cambio», ha dichiarato il capo della diplomazia iraniana. «Tutte le sanzioni che sono
legate al programma nucleare dell'Iran dovrebbero essere revocate», ha quindi spiegato Zarif.
Ieri il ministro ha confermato che sono in corso discussioni con alcuni governi europei a proposito della possibilità di un'azione congiunta contro l'Isil nel nord dell'Iraq. «Ma non è ancora chiaro cosa dovremmo fare in Iraq e cosa (le potenze mondiali, ndr) dovrebbero fare in cambio. Questa è la parte difficile», ha affermato Zarif.
«Rinnovo il mio appello a tutti gli uomini e le donne che hanno responsabilità politiche perché usino tutti i mezzi per risolvere la crisi umanitaria». Scrive intanto Papa Francesco in una lettera al presidente iracheno Fuad Masum consegnata dal cardinale Fernando Filoni.
La decapitazione del giornalista James Foley non rimarrà impunita. Lo Stato Islamico in Iraq e Levante ne pagherà le conseguenze, aveva detto ieri ilpresidente americano Barack Obama. «Quando viene fatto del male a degli americani, ovunque nel mondo, noi facciamo ciò che è necessario per far si che venga fatta giustizia», ha affermato il presidente, che ha così replicato - parlando agli americani e al mondo intero - alla sfida diretta che gli hanno lanciato gli jihadisti dell'Isis. Per loro, ha detto, «non c'è posto nel 21/mo secolo», «elimineremo questo cancro».
Nel video della decapitazione di Foley, il boia che gli ha tagliato la gola afferma - rivolgendosi proprio al presidente americano - che si tratta di una risposta ai raid aerei lanciati due settimane fa dall'amministrazione Usa in Iraq. Nel filmato - giudicato autentico dall'intelligence Usa - si vede anche il giornalista americano Steven Joel Sotloff, rapito in Siria, e il terrorista che dice: «La vita di
questo cittadino Usa, Obama, dipende dalle tue prossime decisioni». Ieri il Pentagono ha fatto sapere che nelle ultime ore sono stati lanciati nuovi raid con cacciabombardieri e droni contro postazioni dell'Isis, nei pressi della strategica diga di Mosul.
La politica di Obama non cambia. «Continueremo a perseguire una strategia a lungo termine» contro i miliziani dell'Isis in Iraq, aveva del resto detto alcuni giorni fa Obama, quando aveva interrotto la vacanza a Marthàs Vineyard per presiedere una serie di riunioni a Washington. Una vacanza in buona parte dedicata al golf, che aveva ripreso proprio poche ore prima che venisse diffuso il terribile video, e che ha continuato subito dopo il suo drammatico intervento in diretta tv. Secondo una fonte del Pentagono, il Dipartimento della Difesa sta studiando un piano per l'invio di «un piccolo numero di truppe addizionali». Si tratterebbe di «meno di 300 soldati».
Nell'agghiacciante filmato della decapitazione, l'Isis ha sostenuto di essere ormai «uno Stato, accettato da un gran numero di musulmani in tutto il mondo. Quindi, ogni aggressione contro di noi è un'aggressione contro i musulmani e ogni tentativo da parte tua, Obama, di attaccarci, provocherà un bagno di sangue tra la tua gente».
Anche a questo ha replicato il presidente americano, affermando che «il mondo è inorridito» dal brutale assassinio di Foley e che «l'Isis non parla di religione. Le loro vittime sono in massima parte musulmani e nessuna fede insegna alla gente a massacrare gli innocenti», mentre i suoi miliziani «dichiarano la loro ambizione di commettere un genocidio contro un antico popolo».

Dopo aver letto queste dichiarazioni e queste provocazioni, mi vengono da fare due considerazioni:
-          La prima riflessione riguarda il concetto di vita: davvero la vita delle persone vale meno di una pedina sullo scacchiere o di un soprammobile al mercatino delle pulci? Davvero la vita può essere barattata in questo modo? Davvero si può mercificare l’aiuto umanitario? Davvero non si fa niente in cambio di niente neanche quando in gioco c’è la vita di un popolo intero? Davvero la vita umana vale meno del potere economico e politico? Davvero l’uomo può essere usato per i giochi di potere? Si possono porre condizioni davanti ad un genocidio?
Credo che l’articolo sopra riportato dia risposte tanto esplicite… quanto ignobilmente inaccettabili!
Eppure questa è la tragica realtà in cui siamo immersi e quel che è più drammatico è che tutto questo ce lo siamo costruito con le nostre mani… è il punto di arrivo di una cultura di morte che sposando il potere economico ha prodotto mostruosità simili!
La responsabilità è solo nostra! Di tutti: Occidentali ed Orientali, al di qua e al di là dell’Oceano!
-          La seconda riflessione riguarda gli estremismi religiosi che sventolano bandiera islamica e fanno stragi e razzìe in nome di un dio sanguinario insaziabile e vendicativo, distruttivo dell’uomo e delle cose. Innanzitutto va sottolineato che gli estremisti non rappresentano tutto il mondo islamico, sono una frangia più o meno consistente, ma non rappresentativa dell’intero popolo musulmano.
Il rispetto per le scelte religiose è sacrosanto, da qualunque parte si stia; l’islamismo non è così violento e distruttivo, può essere rigoroso ma non così sanguinario.
Va, dunque, distinto l’islamismo moderato da quello estremo; quest’ultimo ha il coraggio di strumentalizzare perfino quello che definiscono il loro dio, per ottenere effetti che niente hanno a che fare con la religione; è un uso del tutto strumentale quello che ne fanno della loro religione e questo rende ancora più grave la loro situazione: dio non è mai contro l’uomo, qualunque nome venga dato a questo dio, ma sarà sempre a suo favore, per la sua crescita e il suo progresso umano e spirituale.
Nessun dio ha mai ordinato guerre, stragi e genocidi. Nessun dio, mai!
Ecco perché anche la questione religiosa è solo un capro espiatorio per un odio etnico che supera ogni pensabile limite umano. L’odio dell’uomo contro l’altro uomo è una bomba che esplode in maniera abnorme quando l’obiettivo è saziare quell’insaziabile bisogno di dolore umano che si manifesta nel provare piacere nella morte e nelle sciagure altrui: è la perversione totale.
Non è dio ad essere sanguinario, ma l’uomo perverso che ha sete di sangue umano.


E quando più soggetti che condividono questo bisogno si uniscono fra loro… ecco che il mondo trema, sì, il mondo ha da tremare perché non c’è nessun limite all’ingordigia umana, soprattutto quando la fame e la sete sono non di pane e acqua, ma di sangue… e vite umane!

A conferma di questo, ci sono gli ultimi tragici fatti del nord dell’Iraq, dove, oltre ai cristiani, un’altra minoranza religiosa costretta alla fuga: circa 500 membri appartenenti alla setta degli yazidi, di cui 40 bambini, sono già stati uccisi dai miliziani dello Stato islamico in Iraq. Concentrati nella provincia di Niniveh nel nord dell’Iraq, gli yazidi sono finiti nel mirino dei jihadisti soprattutto dopo che domenica il Califfato ha conquistato la città di Sinjar, dove la loro presenza è maggiore. Sinjar stessa è stata del tutto svuotata dei suoi 300mila residenti. Haydar Omer, uno degli yazidi in fuga, ha raccontato all’agenzia di stampa Anadolu che la sua comunità è stata costretta a fuggire dopo che i miliziani dello Stato islamico hanno incendiato le loro case e i loro villaggi. “Non avevamo armi per combatterli, così ce ne siamo andati e siamo venuti in Turchia”, ha spiegato. Mentre 40mila sono in fuga tra le montagne irachene, 130mila sono fuggiti nei campi profughi delle aree curde.
Nel mirino del Califfato sono finiti anche gli yazidi, dunque, la seconda minoranza religiosa presente sul territorio iracheno. Questo vuol dire che le differenze religiose sono strumentali alla pulizia etnica che s’intende fare: è la morte del fratello che dà la vittoria!
E se questo è vero, come è vero, vuol dire che… Caino è ritornato a colpire!
Viene da chiedersi chi può fermare Caino nell’eccesso della sua infamia!
CERTO NON GLI UOMINI… ALMENO… NON DA SOLI!
Occorre invocare il Dio della Pace e della Misericordia e sperare che voglia ascoltarci e ci esaudisca!

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