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Costretti a
imbarcarci sotto la minaccia delle armi”
Il racconto
dei superstiti raccolto da alcuni operatori di Save the children è drammatico:
“Il primo gommone si è bucato ed ha cominciato a imbarcare acqua prima di
essere travolto dalle onde del mare, l’altro si è sgonfiato nella parte
prodiera prima di affondare. Noi siamo finiti in acqua e ci siamo aggrappati
alle cime mentre i nostri compagni annaspavano prima di scomparire tra le onde
del mare in tempesta”. I naufraghi aggiungono che “da alcune settimane eravamo
in 460 ammassati in un campo vicino Tripoli in attesa di partire. Sabato scorso
i miliziani ci hanno detto di prepararci e ci hanno trasferito a Garbouli, una
spiaggia non lontano dalla capitale libica. Eravano circa 430, distribuiti su
quattro gommoni con motori da 40 cavalli e con una decina di taniche di
carburante”. I due sopravvissuti, entrambi originari del Mali, raccontano di
avere pagato per la traversata mille dinari, circa 650 euro, ma sopratutto
rivelano un particolare sconcertante: “Ci hanno assicurato che le condizioni
del mare erano buone, ma in ogni caso nessuno avrebbe potuto rifiutarsi o
tornare indietro: siamo stati costretti a forza a imbarcarci sotto la minaccia
delle armi“. Invece le quattro imbarcazioni, subito dopo avere preso il largo,
si sono trovati ben presto in difficoltà a causa del mare in tempesta e delle
onde altissime. Alcuni di loro hanno lanciato l’sos con un satellitare ed è
subito scattato l’allarme. Il primo gommone è stato soccorso da due mercantili;
gli altri due hanno fatto naufragio e gli unici nove superstiti sono stati
raccolti in serata da un’altra nave.
Unhcr e le
ong contro Triton: “Inadeguata”
Martedì il
sindaco dell’isola, Giusi Nicolini, dopo la morte per assideramento di
ventinove migranti a 110 miglia dall’isola, aveva ricordato la strage dell’autunno
2013 dicendo che “i 366 morti di Lampedusa non sono serviti a niente, le parole
del Papa non sono servite a niente” e “siamo tornati a prima di Mare Nostrum“,
la missione di salvataggio della Marina militare avviata dal governo Letta il
18 ottobre 2013 e terminata il 1 novembre, quando è stato sostituito
dall’intervento europeo di controllo delle frontiere Triton. D’accordo l’Unhcr,
secondo cui Triton “non fornisce in modo adeguato la capacità di ricerca e
soccorso. Se le operazioni non verranno condotte in modo idoneo, ci si dovranno
aspettare altre tragedie di questo genere”. L’Alto Commissariato chiede che
l’Ue “fornisca all’Italia un sostegno adeguato di modo che possa far fronte
agli arrivi di persone che attraversano irregolarmente il Mediterraneo”. Anche
le organizzazioni non governative Ai.bi., Amnesty International Italia,
Caritas, Centro Astalli, Emergency, Fondazione Migrantes, Intersos, Save the
Children e Terre des Hommes puntano il dito contro Triton, che si è rivelata
“inadeguata come unica misura per la gestione dei flussi migratori” e “limitata
nel portare soccorso ai migranti in mare”. “Occorre aprire immediatamente –
affermano le Ong – canali sicuri e legali d’accesso in Europa, per evitare
ulteriori perdite di vite in mare e gestire un fenomeno ormai stabile e
probabilmente in aumento“. Contemporaneamente, le organizzazioni chiedono
all’Italia e all’Unione europea di rafforzare ulteriormente le operazioni di
ricerca e soccorso in mare e di avviare politiche che garantiscano la protezione
e la tutela dei diritti umani di rifugiati, migranti e richiedenti asilo che
attraversano il Mediterraneo.
L’operazione
“Triton non è all’altezza” dei compiti che deve svolgere e “l’Europa ha bisogno
di un sistema di ricerca e salvataggio efficace”: è quanto sottolinea in una
nota il commissario dei diritti umani del Consiglio d’Europa, Nils Muiznieks,
dopo le nuove tragedie che si sono consumate nel Mediterraneo.
Boldrini:
“Operazione Triton non è adeguata”
Dello
stesso avviso anche il presidente della Camera, Laura Boldrini: di fronte a
questa strage – sottolinea la presidente della Camera in una nota – non si può
non prendere atto che l’operazione Triton è inadeguata. Si confermano infatti
tutte le preoccupazioni che in molti avevamo espresso sulla fine di Mare
Nostrum. Come hanno sottolineato sia il Ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni,
quanto il Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa, Nils
Muiznieks, l’Europa deve dotarsi di un sistema di monitoraggio e salvataggio
ben più efficace di quello ora in vigore. Altrimenti ogni espressione di dolore
per le tragedie avrà il segno dell’ipocrisia. Ma in attesa che l’Unione europea
e gli Stati membri arrivino ad assumere le decisioni indispensabili, è urgente
– conclude Boldrini – che nel Mediterraneo si ripristinino operazioni più
estese di pattugliamento e di soccorso tali da consentire di salvare il più
alto numero possibile di vite umane”.
Il Papa: “A
nessuno manchi il soccorso necessario”
Papa
Francesco ha espresso “preoccupazione” per “le notizie giunte da Lampedusa dove
si contano altri morti tra gli immigrati a causa del freddo lungo la traversata
del Mediterraneo. Desidero assicurare la mia preghiera per le vittime e
incoraggiare nuovamente alla solidarietà, affinché a nessuno manchi il
necessario soccorso”. “Seguo con preoccupazione – ha aggiunto Bergoglio al
termine dell’udienza generale – le notizie giunte da Lampedusa dove si contano
altri morti tra gli immigrati a causa del freddo lungo la traversata del
Mediterraneo. Desidero assicurare la mia preghiera per le vittime e
incoraggiare nuovamente alla solidarietà, affinché a nessuno manchi il
necessario soccorso”.
Viminale:
“A gennaio 3.528 arrivi”
In base
agli ultimi dati del ministero dell’Interno italiano, nonostante le temperature
ancora invernali nel mese di gennaio i migranti che hanno attraversato il
Mediterraneo sono stati 3.528 contro i 2.171 del gennaio 2014 (170mila
nell’intero anno), mentre nel nello stesso mese del 2013 erano stati solo 217.
Il principale paese di partenza dei migranti è stato, anche il mese scorso, la
Libia, che sta vivendo una crisi interna sempre più complicata. Ma la maggior
parte dei migranti sbarcati a gennaio risulta originaria di Siria (764), Gambia
(451), Mali (436), Somalia (405) e Eritrea (171).

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