Frontex,
Mare Nostrum e le scarpe di Mohammed
di Valeria
Brigida – Giornalista –
21 febbraio
2015
(da ILFATTOQUOTIDIANO.IT)
Frontex-sì-Frontex-no,
Mare Nostrum, geopolitica.
Voglio
parlarvi delle scarpe che Mohammed aveva ai piedi
quando è
tornato a casa e l’ha trovata bruciata.
Non è
riuscito neanche a recuperare i passaporti: era andato tutto distrutto.
Le scarpe
di Mohammed hanno lasciato Damasco e hanno portato la sua famiglia in salvo
dalle armi chimiche del regime di Assad.
Durante la
fuga, Mohammed ha pensato alla scarpa che non serve più alla gamba del figlio,
persa durante i bombardamenti.
Voglio
parlarvi delle ballerine di Dalia che
lo scorso settembre ho incontrato sul mezzanino della stazione centrale di
Milano, mentre aspettavano il treno verso il nord Europa. Non sono più abbinate
al suo velo, come usava fare in Siria, perché quello l’ha perso quando, a largo
delle coste egiziane, veniva spinta da una barca all’altra, iniziando così il
suo “viaggio della morte” nel Mediterraneo, in
direzione dell’Italia.
E’ stato lì
in stazione che ho incontrato anche le scarpe di Ahmed. Sformate com’erano
sembravano spaesate mentre sostavano davanti a una cartina geografica
dell’Europa e cercavano di capire in quale punto della mappa si trovassero
esattamente i piedi che le calzavano. Quelle scarpe erano state regalate ad
Ahmed dalla famiglia, ancora bloccata in un campo profughi sotto assedio,
proprio vicino Aleppo,
dove da mesi non entra più neanche il pane.
dove da mesi non entra più neanche il pane.
Poi ci sono
le ciabatte di Saberen.
Saberen le
guarda e ripensa a quando gli sono state regalate dalle autorità italiane
appena è sbarcata in Sicilia. Non ricorda più esattamente il momento in cui si
è separata dalle scarpe con cui ha lasciato l’Eritrea. Le aveva accanto a sé
quando ha partorito la sua bimba nel caldo soffocante di una stanzetta in
Libia. Sì, lì le aveva ancora. Poi ne ha perso le tracce. Ma non ricorda quando
e come. Forse è stato proprio quando i trafficanti, armati fino ai denti,
l’hanno spinta a salire su un gommone insieme ad altre cento persone. Saberen
non voleva salire: partire d’inverno, con quel freddo e con quelle onde alte
sarebbe stato un suicidio.
Ma non
aveva scelta: se non fosse salita sul gommone sarebbe stata
comunque
uccisa dai trafficanti.
E, a piedi
nudi, stringendo al petto la sua piccola, “ha preso il mare”.
Non voglio
parlarvi degli oltre 23.000 morti che negli ultimi quindici anni hanno tentato
di oltrepassare i muri della Fortezza Europa. Vorrei parlarvi, invece, di
quelle scarpe che hanno percorso chilometri e chilometri, in Africa e in Medio
Oriente, e che ora, sparite nel nulla, non possono più raccontare.
Circa 46.000
scarpe inghiottite dal mare. E voglio chiedervi un favore: se la prossima
estate il Mare Nostrum decidesse di restituirle e voi doveste incontrarle su
una delle nostre belle spiagge, vi prego di raccoglierle e conservarle. Chissà
se un giorno sarà possibile riunirle tutte quante. Magari 46.000 scarpe proprio
nella piazza del nostro bel Parlamento. E sarà allora che, in silenzio, ci
racconteranno quella storia che io non vi ho voluto raccontare.

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