PARTITI PER SOPRAVVIVERE
Ahmed si aggira tra i sacchi a pelo con un collirio in mano, spiegando in inglese di averne urgente bisogno: ’’Rischio di perdere la vista’’.
I volontari della Caritas si mobilitano: in mezz’ora arriva il medicinale.
Ahmed tira fuori da chissà dove i soldi, vuole a tutti i costi pagarlo. È una lotta che finisce solo perché il piccolo Moahmed, pochi metri più in là, scoppia in lacrime disperato: sul pullman che lo deve portare altrove, nelle strutture di accoglienza già allertate per l’emergenza, non vuole proprio salirci. ‘’Basta viaggiare!’’.
Nella palestra della scuola primaria di via Giorgio da Gallipoli, nell’omonima cittadina pugliese, il via dei soccorsi si ferma un attimo: ‘’C’è un bambino che piange, venite!’’.
Tra la folla si cerca l’interprete della Caritas che da almeno due ore sta ascoltando le storie dei profughi, cercando di riunire le famiglie che nel caos dell’approdo della notte del 30 dicembre sono state divise.
Alla fine, eccola spuntare con il suo taccuino: appena gli si rivolge in arabo, Mohamed si tranquillizza. Ha 12 anni, due fratelli più piccoli di 9 e 7 anni, sulla Blue Sky viaggiavano con la mamma: ‘’Lei è laggiù che fa dormire Fathi. Ma vi prego non fateci viaggiare più’’.
C’era anche questa famiglia a metà, sul cargo fantasma che attraversa il Mediterraneo negli ultimi giorni dell’anno: ‘’Mio marito è rimasto a Homs, prima ha fatto partire noi - spiega la donna con un filo di voce - Il viaggio per me costava di meno, solo 4500 $ per lui ne volevano 6mila. E i piccoli viaggiavano gratis.’’
Sul suo volto nemmeno un segno di disperazione.
L’assurdo di questa palestra dove volontari e operatori della Protezione Civile hanno a che fare per la prima volta con profughi ben vestiti, quasi tutti anche anglofoni, è che nessuno parla di trafficanti d’esseri umani, di scafisti, di tratta: ’’I bambini li fanno viaggiare gratis’’, ripete la donna di Homs quasi con gratitudine e spiega che per i piccoli, nella sua città, non c’è più speranza di sopravvivenza: ‘’Dobbiamo portarli via se vogliamo vederli crescere’’.
Tra i migranti sbarcati dal cargo ci sono medici, ingegneri, dentisti, studenti di architettura. Erano 796, la maggior parte sono già stati trasferiti, ne sono rimasti 70. Yussef è un laureando in farmacia: ‘’Ho 23 anni e semplicemente ho scelto di vivere, di farcela’’, racconta ad un altro operatore della Caritas di Nardò-Gallipoli.
Gli occhi lucidi, la voce ferma, Yussef indica col dito suo fratello minore Karim: ‘’Mi sono portato via anche lui da Damasco. Ci hanno chiesto 8mila $ in tutto, 3mila solo per varcare il confine tra Siria e Turchia. Dovevamo arrivare in Italia’’.
Yussef vorrebbe poter usare Internet, chiamare sua mamma via Skype e dirle che la loro nave non è quella andata a fuoco nell’Adriatico. Dovrà aspettare. Anche per andare in Germania, dove ha i cugini: ’’Il vostro Paese era solo un punto di passaggio’’.
La storia di ripete, in tanti sognavano la Svezia, la Francia e ora non sanno che fare: ‘’Abbiamo pagato per il nostro viaggio, vorremmo proseguirlo’’.
A sera la titanica impresa di venire incontro alle esigenze di tutti sembra risolta. Anche di ascoltare i racconti nostalgici delle ultrasessantenni che viaggiavano a bordo: ’’Ce n’era un gruppetto, incredibile che abbiano affrontato quella odissea’’, racconta l’interprete.
Dhuha parla della sua Siria distrutta, dei suoi cari dispersi per mezza Europa. Improvvisamente chiede che non si dica che il viaggio è impervio:’’ La gente deve poter sperare, deve trovare la forza di partire. Vi prego, non scoraggiateli!’’.
Il momento più drammatico è l’incontro con Hamid: ’’Stava fermo, in piedi, non voleva spostarsi dall’ingresso della scuola – spiega il direttore della Caritas, don Giampiero Fantastico - Sua moglie è tra le donne incinte che viaggiavano sulla nave, l’hanno ricoverata in ospedale. Nella concitazione dei soccorsi nessuno si era preoccupata che fosse accompagnata’’.
Hamid viene tranquillizzato, qualcuno ora si occupa anche di lui.
Una ventina di profughi chiedono scope e sacchi di plastica: ’’Se stiamo qui, in una scuola, ci dobbiamo anche occupare di pulirla’’.
E silenziosi si mettono al lavoro.
------------------------------
Leggendo queste storie, un pensiero mi attraversa la mente: ricordate? Un tempo dal Nord del mondo: Francia, Germania, Inghilterra, non dimeno dall’ Italia … si partiva per colonizzare il Sud del mondo e sfruttare le sue risorse, mano d’opera compresa.
Fino al XVI secolo il continente africano presentava solo forme di colonialismo commerciale, diffuso lungo le coste. Portoghesi, inglesi, francesi e olandesi si erano limitati a fondare varie basi sulle coste africane. Esse, da un lato, servivano da supporto ai bastimenti in rotta lungo le grandi vie di comunicazione marittima e, dall'altro, fungevano da centri di smistamento e raccoglimento delle merci e dei prodotti africani (oro, pelli, avorio, legni pregiati, caffè, pietre preziose) destinati ad essere esportati in Europa. Importante aspetto del colonialismo commerciale è il commercio degli schiavi, che prospera tra il XV e il XVIII secolo. In questo periodo un grande numero di africani (circa 11 milioni) viene rastrellato con incursioni e rapporti commerciali con alcune tribù africane dai mercanti di schiavi europei (detti "negrieri"). Essi poi provvedono a portarli con le loro navi attraverso l’Oceano Atlantico per venderli ai grandi latifondisti delle Americhe come schiavi adibiti alla coltura delle piantagioni.
Questo commercio darà grandi guadagni ai "negrieri".
La colonizzazione dell'Africa da parte delle nazioni europee, raggiunse il proprio apice a partire dalla seconda metà del XIX secolo, periodo in cui si ebbe una vera e propria spartizione dell'Africa i cui protagonisti furono soprattutto Francia e Gran Bretagna e, in misura minore, Germania, Portogallo, Italia, Belgio e Spagna.
Pur riferendosi spesso a una presunta "missione civilizzatrice" nei confronti soprattutto dei popoli relativamente arretrati dell'Africa subsahariana, le potenze coloniali europee si dedicarono soprattutto allo sfruttamento delle risorse naturali del continente. Nei luoghi in cui si stabilirono comunità di origine europea (l'esempio più rappresentativo è il Sudafrica) la popolazione locale fu in genere discriminata politicamente ed economicamente
I bianchi si arricchiscono impiantando ovunque imprese volte allo sfruttamento delle risorse delle colonie (latifondi e piantagioni, imprese minerarie ed industriali), impiegando come manodopera sottopagata gli indigeni locali. Ovviamente da ciò trae profitto economico la madrepatria, verso cui vengono esportate queste risorse. Il potere è in mano ai bianchi (sempre una minoranza rispetto alla popolazione indigena).
Il loro dominio è imposto alle popolazioni indigene nere, costrette ad accettarlo con la forza; ogni loro tentativo di resistenza era spezzato dalla violenza delle truppe coloniali bianche. Sull’atteggiamento dei bianchi verso i neri è determinante la convinzione razzistica dei colonizzatori bianchi di essere superiori alle popolazioni indigene. Ciò spiega le vessazioni e talora le atrocità che subiranno i neri da parte dei bianchi durante il colonialismo. Le truppe coloniali di tutti i paesi europei ricorrevano spesso, per incutere timore negli indigeni e sedare le loro ribellioni, a metodi spietati e atrocità, come la distruzione di villaggi, la cattura di ostaggi che subivano torture, esecuzioni di massa e massicce deportazioni. In certi paesi si arrivava addirittura allo sterminio di interi popoli indigeni che si erano dimostrati contrari al predominio.
 |
| L'Africa alla vigilia della Prima Guerra Mondiale. |
Guardate con attenzione questa cartina: un’Africa completamente europeizzata!
Europeizzata nel senso peggiore, naturalmente, perché è stata resa schiava da un’ Europa che entra da padrona in un Continente che non ha invaso l’Europa né mai ha messo a rischio la sua libertà o indipendenza.
Un’invasione bell’e buona quella del Nord nei confronti del Sud.
La Storia ci parla quindi di movimenti migratori, anche se per motivi diversi, anche se spesso obbligati, cioè ottenuti con la forza, con la violenza, con la schiavitù.
Schiavi nel proprio Paese o schiavi nel Paese altrui.
Quando il Nord del mondo si è mosso è stato solo per fare schiavi.
Ora, invece, accade il contrario.
E’ il Sud che si muove e non certamente per schiavizzare qualcuno, ma per rivendicare il diritto alla sopravvivenza.
È il diritto alla vita che muove questi popoli, un bisogno di futuro, una speranza di sopravvivenza.
E il Nord del mondo che cosa fa?
Chiude le frontiere e gli nega l’asilo, gli nega il diritto di vivere, una possibilità di sopravvivenza.
Ancora una volta la violenza del Nord benestante e acculturato supera il disagio umano dei popoli del Sud.
L’egoismo Occidentale non smentisce se stesso. Si ripete. La prima , la seconda, la terza volta. La Storia cambia nei volti dei protagonisti, ma non cambia nel cuore dei protagonisti. Il loro cuore resta legato ai soliti idoli: denaro e potere.
La crisi economica attraversa l’Occidente. La crisi umanitaria attraversa l’Oriente.
Qual è la priorità?
Cosa prevale in questi casi?
Niente. Restano due situazioni a se stanti. Non c’è contaminazione.
Anzi, forse sì, ma solo in senso unidirezionale: la globalizzazione porta a guardare all’Oriente come possibile mercato d’acquisto.
Ma è l’unico sguardo possibile.
L’Oriente, invece, guarda all’Occidente come una alternativa al massacro sicuro che rischiano nel proprio Paese… allora la globalizzazione assume un duplice significato ed una duplice possibile scelta: globalizzazione economica sì; globalizzazione umana no!
Come dire: se possiamo comunicare ai fini economici, ci va bene ed è giusto; se voi volete sedere a tavole come le nostre… no, non ve lo consentiamo, restatevene nelle vostre macerie, se vi cadono bombe sulla testa son fatti vostri, non ci riguarda assolutamente, abbiamo i nostri già troppi problemi da affrontare.
Il Nord e il Sud si affrontano su due grandi tavoli: quello economico e quello umanitario.
A quello economico vince il Nord.
A quello umanitario perde il Sud.
Il che vuol dire che il benessere non ha mai compreso il malessere.
Che la pancia piena non comprende la pancia vuota, tanto per essere concreti!
Se la globalizzazione economica è già stata realizzata da tempo, quella umana è ancora lontana dall’essere realizzata… e chissà se mai lo sarà!
C’è un mondo in movimento, come le correnti di aria fredda e di aria calda che si alternano sui vari Continenti e ne determinano il clima; il mondo si muove, da Nord a Sud e da Sud a Nord, a secondo dei periodi storici… ciò che non si muove mai… mai… mai… è il cuore del mondo che continua a battere solo in modo autoreferenziale, solo per se stesso… un battere che non genera movimento… ma staticità, quindi chiusura, rifiuto… paura di fare un’esperienza nuova, di mettersi alla prova, di scoprire che forse quel cuore oltre che battere… sa fare anche qualcos’altro: AMARE!
Non si vuol dare al Cuore la possibilità di fare ciò per cui è stato predisposto: Amare!
Il Cuore non è stato fatto soltanto per pulsare sangue,
ma anche per battere l’amore!
Il Cuore è un muscolo che mette in movimento un corpo intero,
ma è anche un ‘’luogo’’ che può ospitare un mondo intero!
E non è questione di scelta: la prima o la seconda opzione.
È questione di umanità: considerarsi robot o esseri umani, cioè esseri fatti di solo ingranaggi meccanici, che si possono riparare all’occorrenza, oppure esseri fatti di carne capaci di prossimità, di comprendere cioè i bisogni della carne altrui.
Ora sappiamo bene che oggi gli animi sono piuttosto inaspriti per tutto quello che sta accadendo sotto i nostri occhi in questi ultimi tempi, c’è paura, allarmismo, violenza psicologica, c’è un futuro a rischio… certamente non è mia intenzione girare il dito nella piaga, ma solo un invito a riflettere: i migranti accolti dalla Caritas nella cittadina pugliese chiedevano due cose soltanto: speranza e vita.
SPERANZA E VITA.
Siamo esausti, siamo terrorizzati, siamo stremati… ma non toglieteci la speranza e non negateci una possibilità di sopravvivenza.
Non sono richieste disumane, non sono pretese di invasione, non sono mani armate contro l’altro. Sono solo mani vuote, tese e bisognose di aiuto.
Forse il Nord Europa oltre ad un enorme debito economico, ha anche un enorme debito di amore, di accoglienza, di solidarietà umana nei confronti di queste popolazioni, che non lasciano il loro Paese per un viaggio di piacere, ma perché il loro Paese non esiste più.
L’Europa forse deve rispolverare un po’ la memoria, deve un po’ recuperare il battito del suo cuore, forse è tempo che impari che si può stendere la mano per tanti motivi: per prendere con la violenza ciò che non gli appartiene, oppure per accogliere con un abbraccio chi bussa alla sua porta dopo essere scappato dall’inferno.
Certo è più facile prendere e respingere; la vera prova di coraggio è accogliere chi non ha niente da darti e che ti complica ulteriormente la vita.
LA VERA PROVA DI CORAGGIO È AMARE GRATUITAMENTE.
Quanti oggi hanno questo coraggio!?
La Storia ci insegna che tanti sono stati i soldati e i guerrieri che hanno combattuto, ma pochi, pochissimi coloro che hanno conquistato il titolo di eroe.
Viene definito EROE colui che mettendo in pericolo la propria vita, riesce a salvare altre vite in pericolo. Semplicemente quest’atto di altruismo, un gesto d’amore!
La Storia del passato ci consegna un numero di eroi piuttosto esiguo; il presente ci presente un numero di eroi… assolutamente inesistente!
Attenzione… non è la guerra che fa gli eroi, ma sono gli eroi che fanno la Storia, che l’aprono al futuro.
L’EROISMO È LA VIRTÙ DELL’AMORE.
Ma eroismo, virtù e amore sono ormai termini in disuso, fuori moda, inflazionati, in estinzione.
Ecco perché anche il futuro del mondo… è, tragicamente e pericolosamente, in via d’estinzione!
Senza l’amore… tutto muore: il cuore, la mente… e tanta… tanta… tanta… purtroppo tanta gente fatta di carne e ossa, di emozioni e sentimenti, di speranze… anzi di Speranza in un mondo che ha conquistato lo Spazio cosmico… ma purtroppo non ancora quello del Cuore!!!
|
Nessun commento:
Posta un commento