sabato 28 settembre 2013


IL COMMENTO DELLA SETTIMANA
ANDATA E… FORSE… RITORNO!

Generalmente, quando si parte per un viaggio, si fa sempre il biglietto di andata e… ritorno.

Un viaggio  è sempre qualcosa di temporaneo, non si può stare a lungo lontano dai luoghi dove si è nati e vissuti, dove vi sono i propri ricordi, dove tutto è impregnato delle proprie emozioni, delle risate, delle lacrime, delle sofferenze, delle gioie che hanno accompagnato il tempo della propria vita.

Non c’è un altro luogo al mondo più caro di quello in cui si è nati.

Penso, dunque, alle migliaia e migliaia di profughi che hanno dovuto lasciare la loro terra, in condizioni estreme, facendo un biglietto che… in realtà… è tutt’altro che un biglietto… un biglietto che non assicura un posto né in prima né in seconda fila, né tanto meno la certezza dell’arrivo; un biglietto d’oro per chi lo vende, perché è un biglietto senza limiti di prezzo, e che  potrebbe essere  macchiato  di sangue… per chi lo riceve… in quanto non c’è certezza di arrivare… vivi!

Penso alla giovane donna morta durante uno degli ultimi tragitti: ‘’UNA SU 400’’… è stato il commento che ha accompagnato la notizia giornalistica.

’Una’’… come a dire … una dei tanti, è toccato a lei… peccato…ma sono i rischi del viaggio, più o meno messi in conto.

Una dei tanti… una dei tanti gettati in mare perché troppo pieno il barcone o perché persone scomode o perché … la legge della violenza non fa sconti a nessuno!

E, pensando a questo, diventa ancora più lacerante la provocazione del papa in una delle sue omelie ‘’ quanti piangono per queste morti!?…’’, morti quantificate approssimativamente, ma mai identificate umanamente!

La tragica indifferenza delle lacrime.

Se la tragedia per eccellenza è quella di  morire per mano dell’uomo, del fratello,  non meno grave è quella della ‘’morte del cuore’’: un cuore che non sa più piangere. Che si fa scivolare tutto addosso.
Un cuore impermeabilizzato…  è un cuore narcotizzato, un cuore che non sente più né la gioia né il dolore di vivere. Un cuore assente. Un cuore arido e quindi sterile.

Non sappiamo più piangere! Sono proprio le lacrime che inzuppano il terreno secco dei nostri sentimenti, delle nostre emozioni e producono frutti di amore, di bene, di solidarietà.

Ma non sappiamo più distinguere… i motivi veri per cui piangere… da quelli terribilmente egoistici!

Piangiamo sul nostro latte versato… e non per quello che manca  a chi non ha come vivere!

 Chiediamo aiuto per le nostre (vere o presunte) difficoltà a vivere… e non guardiamo mai un po’ più in là… più in là dove… le difficoltà non sono neanche descrivibili.

Non si tratta di sminuire le proprie difficoltà ed ingigantire quelle altrui… ma di guardare il mondo con occhi di giustizia, con gli occhi della Verità, con gli occhi… dell’Amore.

Un biglietto, dicevo. Un biglietto che non ha nemmeno un tragitto preciso, definito, perché sono tanti i contrattempi, tante le sorprese (tutte brutte… ovviamente) a cui si rischia di andare incontro.

Capita, a volte, che la destinazione stabilita subisca delle variazioni, per cui ci si trova da tutt’altra parte, in mezzo ad una strada, senza documenti, senza conoscenze, senza più… destinazione.

In altri Paesi non messi in conto, dove, molti di loro, si trovano a vivere anche l’esperienza della galera… nel loro percorso pagato ma non realizzato.

In galera non per reati, ma solo perché … non sono nessuno… non hanno identità, non hanno denaro, non hanno diritto a vivere… se non in galera!

In prigione solo perché… si è inseguita una speranza, si è creduti nel proprio diritto alla vita, si è scommesso sulla giustizia della Verità!

Un diritto e una speranza pagati cari, molto cari… a quanto pare a loro viene chiesto sempre di pagare… o a suon di monete, che spesso non si possiedono, o a costo della propria vita; si paga sulla propria pelle una violenza senza spiegazioni, senza giustificazioni, senza limiti, senza pietà.
Una violenza che ha tanti volti e tanti nomi… ma un solo destinatario: l’uomo che lotta per la sua sopravvivenza!

Chi ha la fortuna di giungere a riva dopo giorni, se non mesi, in alto mare, peregrinando da uno Stato all’altro, senza cibo e senza denaro, non sa se quella dove è approdato sia la meta che era stata convenuta: ci si trova da una parte all’altra del mondo, senza sapere né se… né dove si approderà.

E’ un viaggio che ha una sola certezza: l’ignoto, l’incertezza!

Si parte… anzi… ‘’forse si parte’’, perché neanche la partenza è certa, come non sono certe le date, gli arrivi, le destinazioni, le quote… la libertà… quello che è certo è che c’è un  mondo che si svuota ed uno che… forse… si riempirà… che sia il mare o la terraferma… questo purtroppo non si sa!

Un viaggio dove i ‘’forse’’ superano le ‘’certezze’’.

Quello che è certo è che c’è qualcuno che gioca d’azzardo con le vite di tante persone che non chiedono che di poter vivere; quello che è certo è che ancora oggi viene fatta violenza al diritto di vivere; ancora oggi … la VITA è stretta prerogativa di chi comanda, di chi decide, di chi si fa padrone della vita altrui.

Quel che è certo è che… l’unica certezza è che  non c’è certezza: nè di vita né di morte.

La sfida più dura dei popoli in fuga è proprio quella contro l’incertezza del domani.

La precarietà del proprio esistere. Vite appese ad una speranza che … si assottiglia sempre più!

Un’incertezza che si portano dietro prima ancora di partire: non si sa bene da quale guerra guardarsi, non si sa bene da quale parte giunge il pericolo. Non si sa bene quando tutto questo finirà. Non si sa bene come finirà!

Ovviamente non si sa bene neanche che cosa ne sarà… di un Paese che vive nell’incertezza!

In queste condizioni, ancora di più si può dire che … ogni viaggio è una scommessa contro l’ignoto.

A coloro che viene restituita la certezza di vivere, che riescono, cioè, ad approdare in luoghi di accoglienza, conquistata una certezza… sopraggiunge immediatamente l’incertezza… del domani, del dove andare, del… che ne sarà di me!

Mi chiedevo: come si fa a vivere da espropriati dalla propria certezza di vivere?

Dal proprio diritto a vivere?

Ma come può l’uomo vivere senza certezze!?

Se c’è una cosa che contraddistingue l’esistenza dell’uomo da quella degli animali è proprio… la certezza di esistere, la consapevolezza dell’essere!

Consapevolezza che fa a pugni con l’incertezza… ma che vita può essere mai questa?

UNA. Nella morte di una sola donna su 400 si compendia tutto il dramma di un popolo, ma… direi… di tutta l’Umanità, perché tanti altri popoli, tanti… troppi altri popoli… sono stati derubati del loro diritto a vivere!

Incertezza dell’andata. Incertezza del ritorno.

Quanti di loro potranno sperare di rivedere il proprio Paese?

Di ritrovare le proprie case un giorno, i propri cari, i luoghi della loro terremotata esistenza?

È una fuga che, nel miglior dei casi, ha i toni dell’esilio! Viaggio di sola andata.

Un viaggio  di andata e di … chissà… forse… di ritorno … un giorno… se…

Questo SE  è un’ipoteca sulla vita!

Ma è anche un appello a Colui che tutto può, perchè... se non si può contare sulla certezza della giustizia umana… certo non delude quella divina: Per la tua giustizia, Signore, fammi vivere… (Salmo 118)

In un mondo di incertezze… certezza è che… I suoi orecchi al loro grido d’aiuto/Il Signore è vicino a chi ha il cuore ferito/Egli salva chi ha il cuore affranto/ Il volto del Signore sull’uomo che cerca la pace! (Salmo 33)

La poesia che segue è dedicata a tutti quegli uomini e a quelle donne che portano dentro di sé i grandi SE del loro andare e del loro desiderio di ritornare… a tutti coloro che sognano un ritorno, che sperano in un ritorno… che vivono… per un ritorno che… chissà… se un giorno mai ci sarà…


QUANDO TORNERO’…

Quando tornerò, mio caro Paese,

porterò come me le monete guadagnate e non spese;


porterò con me i sogni che ti ho lasciato

il tempo che non abbiamo vissuto

gli amici che non hai mai conosciuto;

 
porterò con me il freddo del Nord che mi ha ospitato;

il desiderio del sole del Sud

che non ho mai dimenticato;

la tua bandiera che ho deposto sul mio cuore

e poi… ti porterò… ti porterò un fiore!

 
Adagio lo poserò sul tuo Cuore

perché non  faccia male il suo peso leggero…

alle tue ferite aperte e al tuo dolore

e leggero, come la brezza del mare, ti accarezzerò,

sfiorandoti appena ti asciugherò

quel volto di sangue che la guerra ti lasciò!

 
Oh, quando tornerò, mio caro Paese,

su di te camminerò piano

per non svegliare i morti

sepolti nei tuoi pensieri,

per non riaccendere i ricordi

tragici… orribili… della nostra Storia di ieri!

 
O mio Paese amato e da tempo sognato

quando tornerò ti regalerò un sorriso

uno… per ogni bambino innocente

che la guerra ha strappato dal tuo seno


e ti regalerò il mio sguardo di pietà

per questa fragile disumana Umanità

fatta di confini, rivoluzioni e poteri…

fatta di silenzi a cui voce… la Storia solo darà!

 
Ed ancora… ti porterò… ecco… un’eco di pace ti porterò…

sì… un’eco… non ancora la realtà…

perché vive ancora nei sogni… la pace che verrà!

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