sabato 19 luglio 2014


… E SI CONTINUA A MORIRE…

‘’Dieci cadaveri, una quarantina di dispersi, alcuni dei superstiti in condizioni critiche. È bastato che la bonaccia cedesse il passo a un vento di burrasca perché il Mediterraneo inghiottisse altre vite. In 39, stremati, ce l’hanno fatta solo perché individuati da un mercantile. A bordo del gommone c’erano dieci corpi senza vita.
‘’Eravamo in 90’’, hanno raccontato i superstiti. Ma le vittime sono molto di più’’, ha detto il sindaco di Lampedusa. La Capitaneria di porto ha raccolto informazioni ancora più gravi ’’su un’imbarcazione alla deriva è stato trovato un uomo da solo’’.
Sfinito, il naufrago ha raccontato che sul gommone erano partiti in cento, strano che a bordo non ci fosse nemmeno un cadavere!
Una versione da verificare, ma che lascia aperte le porte alla possibilità che questa può essere stata una strage tra le peggiori , con circa 140 dispersi.
Il ministro degli esteri ha rilanciato un appello: ’’Il governo  sta già facendo moltissimo con Mare nostrum. Il punto è che di fronte a questa tragedia, nessuno può pensare di voltarsi dall’altra parte, noi non lo facciamo ed è bene che non lo faccia neppure l’Europa e il resto della comunità internazionale…’’.
Mentre il capo della diplomazia italiana argomentava le sue proposte… arrivavano altre notizie… 93 migranti, tra i quali 16 donne e 5 minori giunti a bordo di un rimorchiatore  soccorsi a 40 miglia a Sud di Malta. Si tratta di persone provenienti dal Sudan, dall’Eritrea e dal Senegal.
Viaggiavano su un gommone di 10 metri che andava alla deriva.
Poco prima sono sbarcati a Reggio Calabria i primi 103 dei 281 immigrati di nazionalità siriana, soccorsi mentre a bordo di un peschereccio in legno di 20 metri navigavano in acque greche,  diretti versi le coste italiane. Altre navi sono attese nella notte, con almeno altri cento migranti, tra cui 46 bambini non accompagnati.
Una condizione di allerta continua a causa dall’instabilità creatosi in Libia… una precarietà che consente alle organizzazioni di trafficanti di attirare quanti dal Corno d’Africa e dal Medio Oriente scelgono di raggiungere l’Europa.’’.


Questo è uno dei tanti articoli apparsi sui giornali o trasmessi dai telegiornali nell’ultimo mese: sbarchi, cadaveri, immigrati, soccorsi, minori… termini che si ripetono ormai da mesi a ricorrenza quotidiana… un argomento che non stupisce più ma che preoccupa sempre più: non ci sono più luoghi sufficienti per accogliere né i vivi né i morti, come diceva il sindaco di Lampedusa qualche giorno fa; non ci sono fondi sufficienti per mantenere in uno stato accettabile gli immigrati; non ci sono Paesi disposti ad ospitarli; non ci sono mezzi sufficienti per aiutarli…manca tutto, proprio come nei luoghi da cui fuggono… sembra che tanta gente, a questo mondo, sia destinata a non avere mai niente… sia nei Paesi da dove fuggono, sia in quelli dove arrivano… se arrivano!
A questo primo articolo, fa eco un secondo articolo, riportato nella stessa pagina, dal titolo e sottotitolo non meno allarmanti:

L’ESODO A ERBIL PER SFUGGIRE AI ‘’NUOVI TAGLIAGOLE’’
OLTRE 100MILA SFOLLATI HANNO TROVATO RIFUGIO NELLA CITTA’ CURDA.  
A MOSUL MANCA TUTTO.
Gli ultimi arrivi si aggiungono ai 220mila profughi siriani ospitati da tempo nel Kurdistan autonomo. Arrivano e partono a migliaia.
Gli abitanti di Mosul vagano come anime in pena, stipati in auto cariche senza aria condizionata. La fila a Kasar, punto di frontiera con il Kurdistan iracheno è kilometrica.
Famiglie, merci e tantissimi camion benzina che tornano vuoti da Mosul, presa con violenza dalle milizie dello Stato islamico dell’Iraq e della Siria (Isis). Al momento, la città, la più popolosa dell’Iraq, è a corto di tutto, spiega l’esercito curdo dei peshmerga, e da Erbil – che dista una trentina di kilometri – partono i rifornimenti di acqua, cibo e benzina.
I soldati indossano la divisa con orgoglio, finalmente hanno la loro regione autonoma, il Kurdistan iracheno di cui Erbil è la capitale; ma, formalmente e sostanzialmente,  l’indipendenza non è totale, si usa la stessa moneta e i problemi iracheni sono anche faccende  personali.
Per questo, i peshmerga si sono immediatamente schierati dalla parte dell’esercito iracheno guidato in modo poco efficiente dal premier…
La nuova guerra tra sunniti e sciiti sembra essere un’occasione ghiotta per spingersi alla conquista delle zone irachene a prevalenza curda come Kirkuk e magari espandere il Kurdistan verso sud.
Ma per il momento la preoccupazione resta Mosul, perché là manca tutto e anche per questo i profughi continuano ad arrivare. Seppure sono molti quelli che tornano.
Gli sfollati che hanno deciso di rincasare sotto il controllo degli jihadisti conoscono bene il fondamentalismo religioso e la legge del taglione. L’Isis non è certo il primo gruppo di estremisti islamici che combatte in Iraq. Nessuno avanza analisi verso gli jihadisti, gli abitanti di Mosul a prevalenza sunniti sanno che questi nuovi ‘’tagliagole’’ non sono altro che l’ennesima forma di resistenza scelta da sunniti locali per rovesciare il governo corrotto e clientelare del premier sciita.
Il timore reale di chi resta nel campo profugo a Kasar, però, è che scoppi una vera e propria guerra civile non solo tra sciiti e sunniti ma anche tra sunniti pro Saddam Hussein, che hanno aperto le porte all’Isis, e che presto potrebbero litigare per il controllo del territorio, proprio come accaduto in Siria.
La lotta intestina tra Isis e altri gruppi jihadisti sunniti in Siria, ha già spinto quasi mezzo milione di abitanti del nord-est del Paese alla fuga.
Il campo profugo di Kasar ad Erbil ospita già 220mila profughi siriani.
Letteralmente vengono chiamati ‘’sfollati’’ perché ospitati comunque in territorio iracheno. Molte persone sono andate da amici e parenti residenti in città; nelle tende allestite dall’Acnur vivono solo 123 famiglie, ovvero 650 persone. Il perché lo si scopre facilmente sul posto: deserto, polvere, 42 gradi, 10 latrine e otto punti acqua. L’afa afferra la gola e i bambini non hanno niente con cui giocare a parte le bottiglie di plastica vuote a terra.
La capacità di accoglienza del campo è per massimo 200 famiglie, se l’afflusso dovesse aumentare questo campo provvisorio potrebbe essere trasformato in permanente.
Un’anziana donna racconta la sua fuga: ‘’Sono povera e malata, ho tanti nipoti e un figlio disabile, non posso vivere un’altra guerra a Mosul. Non ho i soldi con cui affrontarla. È caro il costo del conflitto per i civili, i prezzi dei beni di prima necessità in due giorni sono già raddoppiati.’’.
Il figlio disabile si gratta la testa appollaiato in un angolo della tenda, pochi chili attaccati su ossa fragili, mostra segni evidenti di denutrizione.
Verso l’ora di pranzo la distribuzione del cibo avviene in maniera ordinata, non si litiga per il pane, anche se quella di Kasar è tutta povera gente; la classe media di Mosul. Invece, viaggia coi vetri chiusi nelle auto rinfrescate dall’aria condizionata verso l’ aeroporto di Erbil per poi volare ad Amman o altre destinazioni.
‘’Non so come siano questi miliziani dell’Isis – racconta un padre di famiglia – ma non ci aspettiamo niente di buono, andiamo dai nostri parenti in Giordania, come nel 2008, come nel 2003, come nel 91.’’
La guerra in Iraq viene raccontata dai suoi abitanti come un incubo ricorrente, un film dell’orrore già visto, con attori diversi ma con gli stessi risultati.


Un orrore infinito… con l’unica differenza che non si tratta di un film né di una videocassetta registrata in cui riavvolgere il nastro!
È difficile immaginare un mondo così! È difficile accettare un mondo così!
È difficile anche solo pensare che ci siano intere popolazioni che vivono costantemente spostandosi da un luogo all’altro, come nomadi in un mondo stanziale, migranti forzati, sfollati in cerca di sopravvivenza, accampati ad oltranza… profughi accolti in condizioni peggiori dei luoghi da dove fuggono.
È difficile pensare che si possa vivere in queste condizioni… anzi… la parola ‘’vivere’’ suona proprio stonata in questo contesto, perché questo non è vivere e nemmeno sopravvivere… questo è tutto tranne che vivere.
Questi due articoli che ho riportati parlano dello stesso problema, visto da angolazioni diverse, vissuto dalle stesse persone con le stesse difficoltà, in luoghi lontani fra loro ma sempre con gli stessi risultati.
C’è un territorio, quello del Medio Oriente, che fatica a trovare la sua identità, che litiga e combatte per la conquista di uno spazio che è diventato un cimitero, luogo infernale per migliaia e migliaia di persone.
C’è un mondo, quello americano, che cerca di intervenire ma si limita a poche misure di sicurezza, a decisioni che non sempre sono migliori di quelle di coloro ai quali si oppongono.
C’è un mondo che cerca di portare aiuti umanitari, quello dell’ONU,  i cui interventi, spesso, sono anche peggiori delle condizioni da cui si fugge: il campo di Kasar è un campo ONU le cui condizioni descritte non sono certamente confortanti. Sono accampamenti di fortuna dove la sopravvivenza è al limite della decenza umana.
C’è un mondo che si trova, suo malgrado, coinvolto, quello europeo, che si dibatte tra emergenze e disinteresse, che polemizza, si chiude, volta le spalle, che si preoccupa dei numeri dimenticando che ad ogni numero corrisponde un essere umano.
Sono questi gli attori-protagonisti di questa pagina di Storia: Medio Oriente, America, Europa, Onu.
Tutti ‘’attori’’ autorevoli, competenti, saccenti… ma … direi… tutti nullafacenti... o quasi... tutt'al più  timidi tentativi... purtroppo mai risolutivi!
Viene da chiedersi: ma quando fra cento anni qualcuno leggerà la storia contemporanea, che idea ne avrà di questi tempi?
Quali pagine di storia stiamo scrivendo?
Che tipo di civiltà stiamo trasmettendo ai posteri?
Che mondo stiamo traghettando da un Millennio all’altro?
Certo che non è solo un problema ‘’di tipo storico-culturale’’, lo sappiamo bene quali e quanti altri interessi ruotano intorno a questo ambito storico.
Questa è solo una riflessione che emerge dal guardarsi intorno e vedere un mondo chiuso nella sua staticità, nella sua indifferenza, nella sua complicità forzata, nella sua incapacità di agire, intervenire, aiutare, sostenere, andare incontro realmente e con convinzione all’altro.
Un mondo che urla il suo benessere e intanto mostra tutti i volti del suo peggiore malessere: l’egoismo, il potere assassino, la mancanza di umanità, l’idolo denaro, il disinteresse, l’indifferenza, la chiusura serrata verso chi chiede aiuto.
Un mondo che di ogni problema, ne fa solo una questione di numeri!
Quanti immigrati. Quanti sfollati. Quanti soldi da investire.
Quanti … un’infinità di quanti, è solo questione di quantità, nessuno tiene mai conto della qualità e soprattutto del fatto che quei numeri sono esseri umani che non vivono da esseri umani.
Non sono solo gli scafisti che  ‘’trattano i profughi come bestie’’, ma un mondo intero, perché se fossero considerate ‘’persone’’ nessuno permetterebbe loro di vivere in quelle condizioni… eterni sfollati… con in mano solo una busta di plastica in cui racchiudono tutti i loro averi, avvolti in brandelli di stoffa sotto un sole di 42 gradi, in cammino a piedi nudi nel deserto, verso una destinazione ignota, sotto gli occhi di un mondo obeso e  ipnotizzato dalle luci intermittenti delle insegne, tra fiumi di alcool, traffici di droga, casinò, case da gioco  e spettacoli a luci rosse, dove tutto è merce, dove tutto si compra e si vende, dove tutto è un gioco che dura una notte per riprendere la notte successiva.
Un mondo di sfollati, un mondo di narcotizzati, un mondo di depressi cronici, un mondo che non sa più dove va nè chi è!
È questo il mondo che stiamo lasciando in eredità alle generazioni future, che non sono anonimi nomi o volti, ma sono figli, nipoti, amici… i bambini di oggi!
La Capitaneria di porto conta i cadaveri; i giornalisti contano gli arrivi; i politici contano i soldi che ci vorrebbero; i profughi contano gli anni da trascorrere in attesa di un ritorno; il mondo benestante conta e sfoglia le pagine dei giornali per poi commentare ‘’ sempre le stesse cose… mai niente di nuovo sotto questo sole!’’.
Poi ci sono quelli che contano gli immigrati, uno per uno, e vorrebbero mettere una bomba e far saltare tutti in aria, credendo che sia questo l’unico modo per rimettere le cose a posto! 
Sembra che tutti ''contino'' qualcosa, soltanto l'uomo non ''conta'' più!
C'è proprio da chiedersi se l'uomo ''conti'' ancora qualcosa?
Anzi, prima bisognerebbe verificare che fine abbia fatto l’uomo?
L’uomo, quello che è capace di amare, di sognare, di sperare, di agire, di aiutare,  l'uomo che ''custodisce'' il fratello e il creato... dov’è?
L’uomo cosa ne pensa?
L’uomo cosa fa?
Irrigidito nelle sue ideologie. Chiuso nelle sue burocrazie. Estraniato da ogni forma di solidarietà. Ha preso le distanze da se stesso nel tentativo di emulare Pilato: lavarsi le mani da ogni responsabilità!
Ma l’uomo del duemila… chi  è?
Chi siamo? Cosa facciamo? Quale pagina di storia stiamo scrivendo?
Pagine di storia scritte in rosso: che non è la penna della maestra che corregge gli errori degli studenti, ma il sangue, rosso-sangue, che scorre a fiume, che sta inondando questo mondo, che ci scorre addosso senza nemmeno sfiorarci, che scava buca dopo buca, che imbratta muri, città, mani, strade, volti, abiti eleganti e corpi lacerati lasciati per strada, aerei che si frantumano al suolo, mari che cambiano colore: dall’azzurro del cielo che rispecchiano, al rosso del sangue dei corpi buttati in acqua prima di approdare o di essere soccorsi!
È un mondo così… il nostro mondo!
Impossibile da accettare. Impossibile da vivere. Insostenibile… nell’era dove si parla di ecologia sostenibile, economia sostenibile …; in un mondo dove tutto sembra debba essere  ‘’sostenibile’’… ci si accorge che la situazione umanitaria, più che quella economica, ecologica, ambientale, culturale… è quella che più di altre è diventata insostenibile!
Possibile che tutto questo ci scorra addosso senza lasciare tracce né sul cuore né sulla ragione!
È possibile mai che ci siamo induriti fino a questo punto!
Forse ci fa troppo comodo dire ‘’ai posteri l’ardua sentenza!’’, tanto noi non ci saremo e non potremo vergognarci di ciò di cui saremo giudicati dai nostri posteri.
Forse è tempo che con quella ‘’ardua sentenza’’ cominciamo a fare i conti prima di tutto noi stessi… e che non sia come quelle sentenze-finzioni a cui la giustizia civile e penale ci ha abituati negli ultimi decenni… ma sia un onesto e sincero esame di coscienza… che ci porti a riprendere il contatto con noi stessi, che ci aiuti a ricordarci che siamo esseri umani responsabili di altri esseri umani e non bestie che devono sbranare altre bestie per aggiudicarsi e perimetrarsi il luogo  dove esercitare il proprio dominio… quello lo lasciamo fare ai leoni nella giungla, agli oranghi nelle foreste!
Che ci aiuti a vergognarci della nostra indifferenza, dei nostri discorsi-oceanici ai fini propagandistici, mentre gli oceani diventano tombe per oceanici flussi di sfollati, di senza-casa, di senza-diritti, di senza-speranze!
Forse è tempo di cominciare o ricominciare a guardarci intorno, a guardare lontano, in prospettiva, temporale e spaziale, forse è tempo di decidere chi siamo e chi vogliamo essere!
Questo caos che ci avvolge e ci coinvolge tutti è responsabilità di tutti, è opera di tutti: se l’uomo perde la sua identità, se viene smantellato nelle sue peculiarità specifiche di essere vivente, viene ridotto a ‘’bestia o a vegetale’’.
Ecco, il mondo è popolato di ‘’bestie’’ che litigano per recintarsi il loro territorio sulla pelle di coloro che quel territorio dovrebbero abitare; il mondo è popolato di ‘’vegetali’’ immobili, statici, inflessibili, inospitali, indifferenti, incoerenti, fermamente radicati al suolo in radici ideologiche fossilizzate… che non sanno nemmeno più assorbire linfa, così presi come sono dalla loro esuberante  e presunta superiorità, intasati di orgoglio e di vanità.
Mi chiedo ancora che fine abbia fatto ‘’l’uomo’’!
Se ci fossero ancora ‘’uomini’’ sulla terra, non ci sarebbe questo caos infinito, questa sofferenza inaccettabile, questo ingorgo socio-politico-culturale che nella sua straripante eloquenza non sa più nemmeno definire il concetto di pace… semplicemente perché… la pace è lontana dai suoi orizzonti: economici, ecologici, elettronici, extracosmici… drammaticamente lontano dagli orizzonti del cuore!
La più urgente e l’unica necessaria rivoluzione dovrebbe essere quella del cuore e nel cuore… quella rivoluzione capace di spostare le montagne e di appianare le colline… ma perché questo sia possibile… l’uomo dovrebbe prima di tutto avere il coraggio di riconoscere che tra i suoi preziosi organi vitali c’è anche un cuore… da tempo in apnea… a corto di ossigeno, di vita… di speranza!
Un cuore che non basta sostituire con uno artificiale.
Un cuore malato che nessuna chirurgia cardiaca può riportare in vita.
Perché è un cuore bisognoso di vita nuova… anzi… soltanto di VITA, visto che è la MORTE a falla da padrona negli ultimi tempi di questa nostra storia umana ai limiti o, già da tempo, fuori dai limiti da ogni accettabile… umanità!
Sì, perché, come dice il titolo del primo articolo riportato…  si continua a morire, in mare (vedi flusso di immigrati), in cielo (vedi aereo malese civile, colpito dai missili filorussi), sulla terra (vedi attacchi di Gerusalemme a Gaza)… si continua a morire sotto gli occhi … di un Mondo, a quanto pare,  già Morto da tempo!
Chissà… forse è tempo di superare la nostra pia illusione che ‘’tutto andrà bene’’, che ogni favola ha il suo lieto finale!?
Forse questa vita… non è proprio una favola!
Forse il lieto fine… potrebbe non esserci… come già non lo è per tanti… che partono e arrivano sull’altra sponda, sì, ma non quella della Terra! Purtroppo!!!
Forse è tempo di crescere!
Forse è tempo di smettere di leggere i libri di favole e cominciare a scrivere… quelli della Storia vera… ponendosi come protagonisti reali e coscienti del fatto che gli eventi che compongono la storia non sono ‘’affidati ad un anonimo destino, casuali, ineludibili, manovrati da un Burattinaio avido di sofferenze umane’’, ma sono eventi che scriviamo col nostro pensare, col nostro agire, col nostro intervenire o non intervenire… eventi da scrivere, non già scritti; eventi in cui ognuno è responsabile delle decisioni prese. Eventi che possono salvare o uccidere una vita.
Eventi che possono dare un futuro di speranza o che possono rubare la speranza a chi ne ha diritto!

Eventi che scriviamo ogni giorno con gli anni della nostra vita… di questa vita  che non è solo da vivere… ma da capire, riempire, da coordinare, muovendosi tra cuore e ragione, in vista di un Bene comune, considerato spesso irraggiungibile (ma solo perché costa fatica!) che è la PACE!

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