sabato 20 settembre 2014


‘’VI AUGURO CHE VI FACCIA MALE IL CUORE…’’

« Andò subito al porto, prima ancora che la Vlora sbarcasse. A Bari non c’era nessuno del mondo istituzionale, erano tutti in vacanza, il prefetto, il comandante della polizia municipale, persino il vescovo era fuori. Quando uscì di casa però non immaginava quello a cui stava andando incontro. Dopo qualche ora mi telefonò dicendomi che c’era una marea di disperati, assetati, disidratati, e aveva una voce così commossa che non riusciva a terminare le frasi. Non dimenticherò mai l’espressione che aveva quando tornò a casa, alle 3 del mattino dopo. “Sono persone” - ripeteva - “persone disperate. Non possono essere rispedite indietro, noi siamo la loro ultima speranza”. »   (don Tonino Bello).


Sembrano parole pronunciate oggi, dopo l’ennesimo sbarco dei profughi sulle spiagge siciliane, invece siamo nell’ agosto 1991, quando, di ritorno da Cuba, carica di zucchero, durante le operazioni di sbarco del carico nel porto di Durazzo, la Vlora venne assalita da una folla di circa 20.000 migranti albanesi senza permesso che costrinsero il comandante, Halim Milaqi, a salpare per l'Italia, attraccando al porto di Bari l'8 agosto 1991.
La vicenda della Vlora è ricordata come uno dei tanti episodi dell'ondata di immigrazione che si ebbe in Italia dal 1990 al 1992 e rimane, a tutt'oggi il più grande sbarco di clandestini mai giunto in Italia.
La nave, riempita all'inverosimile (oltre 20.000 persone), chiede di poter sbarcare al porto di Brindisi. L'allora viceprefetto Bruno Pezzuto, resosi conto che non si trattava, come dagli ultimi sbarchi, di un carico di qualche centinaia di persone, convinse il capitano della nave Halim Milaqi a dirigersi verso Bari. Il tempo di percorrenza tra i due porti dato il carico della nave era di circa 7 ore, tempo necessario per organizzare centri di accoglienza e forze dell'ordine. Tuttavia la mancanza di Autorità ed il poco tempo a disposizione, fece sì che si organizzassero solo dopo che la nave entrò nel porto. Anche l'ingresso al porto non fu dei più facili. Il capitano infatti forzò il blocco portuale comunicando di avere feriti gravi a bordo e di non poter, a causa del grande carico, fare marcia indietro. La nave fu quindi fatta attraccare al cosiddetto Molo Carboni, il più distante dalla città. Durante l'entrata al porto molti si gettarono dalla nave in navigazione e nuotarono fino alla banchina cercando di scappare.
I profughi vennero sistemati nello Stadio della Vittoria e al porto. Alcuni si dispersero in città, trovando rifugio nei giardini, alla stazione, presso qualche famiglia o chiesa. Il 10 agosto don Tonino Bello arriva al porto di Bari e poi allo stadio. Quel che sta accadendo lo sconvolge e lo indigna tanto da descrivere aspramente sul quotidiano "Avvenire" le condizioni delle persone e l'assenza del ministro degli interni e del capo della Protezione civile.

È risaputa la sua costante attenzione agli ultimi, per i quali lasciava sempre aperti gli uffici dell'episcopio per chiunque volesse parlargli e spesso anche per i bisognosi che chiedevano di passarvi la notte. Sua la definizione di "Chiesa del grembiule" per indicare la necessità di farsi umili e contemporaneamente agire sulle cause dell'emarginazione.

E’ il 12 aprile 1991. Monsignor Tonino Bello, Vescovo di Molfetta, incontra gli studenti dell’ultimo anno delle scuole magistrali. E’ un occasione per affrontare argomenti importanti tra cui  il problema dell’accoglienza degli extracomunitari, albanesi, in questo caso.

Le sue parole, che nel 1991 sembravano configurare uno scenario drammatico, oggi sono quanto mai attuali perché quei problemi affrontati con i giovani di allora sono identici ai nostri di oggi.
Cambiano gli attori, scorrono i fogli del calendario ma ciò che non si è imparato a risolvere resta irrisolto e si ripete di anno in anno, di secolo in secolo,  magari aggravandosi anche.
Le parole di Don Tonino offrono loro (e nondimeno a noi) una guida indicando quei valori universali che molto spesso vengono persi di vista, alcuni dei quali sono la solidarietà e il rispetto dell’altro, chiunque egli sia.
Riporto alcuni passaggi di questo suo discorso di oltre 20 anni fa, sembrano parole scritte stamattina guardando alle stragi che si stanno consumando sotto i nostri occhi che restano attoniti, sì, ma allo stesso tempo spenti… ciechi… vuoti!
Quante  immagini ci passano davanti e non ci turbano che per un attimo, ci urtano un po’ per la violenza, ma poi si gira canale, si volta pagina ed è già ricordo da archiviare.
Non ci toccano più di tanto, non ci sfiorano che quel tanto da procurarci quel fastidio che ci rovina le ore del pranzo e della cena, non ci toccano il cuore… perché… perché il cuore vive sotto anestesia da tempo!
Il cuore è drogato di notizie, ha fatto overdose di programmi, sceneggiati, telefilm, telenovele, spettacoli, varietà, film di horror, di gialli vietati, di programmi dove si muore per un istante e si rinasce  in una nuova scena in qualche altro programma, di programmi dove la violenza è la ‘’prima attrice’’ e spesso suscita ilarità, per la sua scaltrezza, per la sua diabolicità e ci abituano alla morte come unica soluzione dei propri problemi, come condizione unica per sopravvivere in un mondo dove per guadagnarsi un posto al sole occorre necessariamente farsi spazio facendo fuori l’altro, magari sorridendo mentre si nasconde un  pugnale dietro la schiena.
Ecco per noi la vita è diventata un enorme palcoscenico dove si muore per finta e si rinasce dalle ceneri, si abbraccia e si pugnala, si uccide e ci si uccide, si litiga e si violenta, si elimina colui che ha fatto scelte diverse dalle proprie, ci si gira dall’altra parte mentre i popoli muoiono per stragi e genocidi.
Questa terribile realtà noi continuiamo a vivercela come se fosse virtuale, come se fosse una commedia tragi-comica dell’ultimo autore di turno, in realtà stiamo vivendo alcuni dei drammi più violenti della storia dell’umanità in cui il finale è già scritto: la morte chiama altra morte, la violenza chiama altra violenza, la guerra chiama altra guerra, il dolore chiama altro dolore.
‘’Ma il mondo è stanco della guerra’’ dice papa Francesco, sì… siamo tutti stanchi di vedere sguardi straziati e fiumi di sangue che scorrono in tante parti della terra; siamo stanchi di piangere i morti per i sogni malvagi dei ‘’Caino’’ di turno che decide di ripulire nazioni intere in virtù di una  ‘infedeltà’’ che è sottomissione a dei principi estremizzati e per questo subordinate a logiche violente di pensiero che si distaccano dal pensiero originario e danno vita ad un’altra visione delle cose, della vita e della religione.
Certo che siamo stanchi dei quotidiani bollettini di guerra che provengono dai quattro punti cardinali… eppure continuiamo a giocare tiri mancini dietro le quinte per cercare di trarre profitto dalle situazioni più drammatiche, per trovare soluzioni che non riguardano la salvezza dei popoli in fuga, ma la salvaguardia dell’economia mondiale che si muove, come su un’altalena, a seconda del presidente di turno e degli interessi messi in gioco; mentre da una parte si continuano a contare i morti e a fingere un dolore acuto, dall’altra si vendono armi ai terroristi perché continuino le loro stragi e possano raggiungere i loro sogni malvagi di pulizia religiosa; e mentre da una parte fingiamo un pietismo zuccheroso per i popoli schiacciati come mosche dalla violenza dei prepotenti, dall’altra tendiamo la mano a chi ha insanguinato la sua terra con il sangue degli innocenti!
Non si tratta di semplice incoerenza, ma di ‘’sporchi giochi’’ di economia mondiale che superano anche le menti più fertili e creative nel trovare strategie di marketing e di economia globale che ha logiche che non guadano in faccia a nessuno, di quell’economia, cioè, che vive soltanto di se stessa, svincolata da ogni regola di buonsenso o di etica morale e che considera la persona esclusivamente un ‘’oggetto di produzione e di consumo’’.
Se il mondo va a rotoli non è perché mancano le risorse per i circa sette miliardi di popolazione mondiale, o perché  manca lo spazio su cui piantare la propria tenda, ma perché le regole sulle quali il mondo si regge sono  poco più che palafitte, pali di legno piantati nella sabbia o nell’acqua torbida della violenza, dell’egoismo e pertanto soggetti a corrosione e a deterioramento.
Così questo mondo oggi, fondato sui pali appuntiti e deteriorati dell’economia: sterile e oggettivizzata in vuote  strategie di calcolo e consumo… questo mondo si gioca la vita con quella leggerezza che un tempo apparteneva alle partite di calcio… oggi le partite di calcio son diventate cosa seria… mentre fuori dagli stadi la vita viene uccisa per gioco, per sbaglio, per distrazione!
Le parole di don Tonino Bello ci ricordano che la vita vale molto più di un conto in banca, di un pezzo di terra conquistato versando sangue fraterno o di un campionato non vinto.
Ascoltiamolo in questo discorso agli studenti di un magistrale, è una lezione di vita senza tempo e senza confini…
‘’Ragazzi, ragazze, questo io vorrei dirvi: la vita giocatevela bene… non perché la si vive soltanto
una volta… ma giocatevela bene perché… qualche volta voi sapete che rischio correte? Che in
questa vostra smania di libertà, di grandezza, di orizzonti larghi, invece che raggiungere gli
orizzonti larghi vi incastrate nei blocchi… Qualche volta noi corriamo proprio questo rischio:
andiamo alla ricerca di obiettivi che pensiamo ci debbano liberare e invece ci danno proprio la
prigione… Vivetela bene la vostra vita, perché vi capita di viverla una volta soltanto… non
bruciatela! E’ splendido, soprattutto se voi la vostra vita la mettete al servizio degli altri… non è la
conclusione moraleggiante di un vescovo di passaggio che viene a rifilarvi degli scampoli di omelia
che non è riuscito a riciclare in chiesa e allora… tutte le fettuccine che gli sono rimaste viene a darle
al magistrale qui… a quelli dell’ultimo anno… no no… Sto dicendo davvero! Questo è un fatto
umano che vi dà una grande voglia di vivere.
Io sono convinto che se voi la vostra vita la spendete per gli altri, la mettete a disposizione degli
altri, voi non la perdete! Perderete il sonno, ma non la vita! La vita è diversa dal sonno. Perderete il
denaro, ma non la vita! La vita è diversa dal denaro. Perderete la quiete, ma non la vita! La vita
travalica la quiete, soprattutto la quiete sonnolenta ruminante del gregge… Perderete tantissime
cose… Perderete la salute, ma non la vita!
Io vi auguro, ragazzi, che voi possiate essere capaci di amare a tal punto che il cuore veramente vi faccia male.
“Il mio sogno è portare il sorriso, il coraggio e la speranza a tutti coloro che incontro”.
“Chi spera non fugge: cammina . . . .corre . . . .danza.
Cambia la storia, non la subisce.
Costruisce il futuro, non lo attende soltanto.
Ha la grinta del lottatore, non la rassegnazione di chi disarma.
Ha la passione del veggente, non l’aria avvilita di chi si lascia andare.
Ricerca la solidarietà con gli altri viandanti, non la gloria del navigatore solitario”.
“Ragazzi, non abbiate paura
di riscaldarvi adesso,
di innamorarvi adesso,
di incantarvi adesso,
di essere stupiti adesso,
di entusiasmarvi adesso,
di guardare troppo in alto adesso,
di sognare adesso.
Ragazzi, non fate mai, mai. . . .mai riduzioni sui sogni”.
 “Ragazzi, vivetela bene la vostra vita, non bruciatela!
Abbiamo sentito una canzone qualche sera fa nella cattedrale di Terlizzi ad un incontro per i
giovani… facemmo mettere una canzone di Zucchero che diceva: “… voglio amare fino a che il
cuore mi faccia male…”. Io vi auguro, ragazzi, che voi possiate essere capaci di amare a tal punto
che il cuore veramente vi faccia male! Lo dico a tutti, indipendentemente dalla vostra esperienza
religiosa… anche se c’è qualcuno, qualcuna che è molto lontana… sono convinto che è una cosa
che tocca anche loro… starei per dire… soprattutto loro! Vi auguro che possiate veramente amare,
amare la vita, amare la gente, amare la storia, amare la geografia, cioè la Terra… a tal punto che il
cuore vi faccia male… e ogni volta che vedete non soltanto queste ignominie che si compiono,
queste oppressioni crudeli, queste nuove Hiroshima e Nagasaki, questi nuovi campi di sterminio,
vedrete fra 5 o 6 anni come i momenti che stiamo vivendo oggi passeranno davvero nella storia con
una gravità più grande di quella che avvolge gli episodi di Hiroshima, di Nagasaki, dei campi di
concentramento, dei campi di sterminio… quello che si sta compiendo oggi… nel silenzio generale
di tutti… questi curdi massacrati, come gli iracheni massacrati, come le guerre che hanno mietuto
iracheni, americani, europei… ma che c’importa della bandiera? Quando muore un uomo è sempre
una tristezza incredibile. Io penso che quando voi vedete queste cose vi dovreste sentire il cuore che
vi fa male… Ma noi il cuore ce lo sentiamo triste soltanto quando vediamo le cose epidermiche…
Perché vedere la moglie di un marinaio che ieri è morto nell’incidente di Livorno che viene ripresa
dalle zoomate impietose della tv e che piange, che singhiozza… anche te ti senti il cuore che ti fa
male… ma poi dopo passa… e la televisione ci sta abituando a girar pagina subito. Però il grido
violento che si sta sprigionando dalla Terra, soprattutto dalle turbe dei poveri, quello lì deve
risuonare costantemente dentro di voi… vi auguro, dicevo, che il cuore vi faccia male, come anche
il cuore vi dovrebbe far male quando vedete lo sterminio della natura… Sentiremo fra poco che
cosa significa la fiumana di greggio che si è sprigionata nel Golfo Persico… è triste…
Di fronte a queste cose voi potreste dire: “Ma noi cosa possiamo fare?” ma io credo che nel piccolo
pure qualche cosa potreste fare… Il rispetto… Il rispetto dei volti, il rispetto delle persone, il
rispetto… la bellezza… la cura della bellezza, che non è qualcosa di effimero. Voi sapete che Dio è
la bellezza… è la bellezza che salverà il mondo. Coltivate la bellezza del vostro volto, anche
quando avrete ottant’anni. Coltivate la bellezza del vostro corpo, la bellezza del vostro vestire, cioè
l’eleganza non fatta di abiti firmati… non quella… l’eleganza, la semplicità. La bellezza del vostro
sguardo… non potete immaginare quanta luce dà a chi è triste… non sono un romantico, che viene
a cantarvi delle serenate al chiaro di luna… non potete immaginare quanta voglia di vivere produce
uno sguardo generoso che voi date su di una persona che è triste, su di un passante… Non c’è
ricchezza al mondo, non c’è denaro che ti ripaghi… E queste cose, il rispetto del volto dell’altro, il
rispetto dei luoghi, la scoperta di Dio, ragazzi, anche a voi che probabilmente siete molto scettici…
la scoperta di Dio nelle cose belle che Lui ci dà… nella natura… e l’intuire la presenza di questo
essere più grande di noi… che fa i miracoli ogni giorno e noi magari non li sappiamo cogliere.

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