giovedì 19 marzo 2015



IL PRIMATO DEI NUMERI

166mila: soccorsi fra 2013 e 2014, durante l’operazione Mare Nostrum.
3363: sono i migranti morti o dispersi in mare registrati nello stesso periodo.
38mila: gli immigrati salvati direttamente dalla guardia costiera, più altri 42mila da navi mercantili.
3528: sono gli arrivi via mare contati a gennaio, in aumento rispetto al 2171 del 2014.

Leggendo questi numeri, mi viene da pensare alle antiche stele e ai monumenti in onore ai caduti per la patria, lì non ci sono NUMERI, MA NOMI… i nomi di centinaia di soldati caduti, dei quali si mantiene memoria, per i quali c’è una preghiera, una lacrima, un ricordo.
NOMI… NON NUMERI!
Pensavo a loro nel leggere questi NUMERI, queste statistiche che continuano a riempire pagine di giornali e spazi televisivi da tempo ormai.
NUMERI. NUMERI.
Lo scoop sta nello sfornare il numero più alto, così da fare più odience.
Certo, è lo scopo dei Media, è il loro lavoro quotidiano, il loro fine è quello di vendere, di farsi ascoltare più degli altri.
Ok. Va bene. I mezzi di comunicazione di massa fanno il loro mestiere: informano sfornando numeri… numeri… e statistiche… e noi ci abituiamo a questi numeri e cerchiamo solo numeri e chiediamo solo numeri: un numero è un messaggio chiaro e immediato e in questa civiltà stressata e senza mai tempo questo è fondamentale, perché un NUMERO informa senza impegnare, tiene i rapporti con il mondo senza far perdere tempo, offre una quantità di argomenti di discussione senza l’obbligo di estenuanti letture, così si dà l’impressione di essere colti e informati e si va avanti… nella quotidianità… leggendo numeri.
I numeri, però, restano numeri, danno infatti quel senso di sconcerto immediato, un’ immediatezza che riguarda tanto l’acquisizione del messaggio quanto la sua archiviazione, cioè: un’informazione viene acquisita e dimenticata quasi contemporaneamente.
Certo… se al posto di quei 4 dati soprariportati ci fosse l’elenco dei nomi di coloro che sono partiti credendo nella speranza ed hanno incontrato la morte, forse l’impatto non sarebbe stato lo stesso. Forse l’indignazione sarebbe durata più di qualche secondo, forse la Memoria avrebbe avuto più memoria, una memoria più duratura, il tempo necessario per interrogarsi, un istante in più per riflettere, per reagire con uno scatto di rabbia magari, un istante in cui forse qualcosa dentro avrebbe avuto il tempo di muoversi, il tempo per farsi sentire, lo sdegno avrebbe avuto il tempo per vivere.
È ovvio che un elenco di oltre 250.000 nomi avrebbe richiesto un’infinità di pagine e un ‘infinità di tempo per leggerli tutto e se poi volessimo aggiungere le centinaia di migliaia di vittime del terrorismo islamico … è chiaro che un’enciclopedia non basterebbe, ma forse solo così ci renderemmo davvero conto del dramma umanitario che stiamo vivendo, che il mondo intero sta vivendo, ci renderemmo conto dei genocidi che avvengono sotto i nostri occhi,  ci renderemmo conto del nostro immobilismo ad oltranza.
Anche le emozioni muoiono in questo mondo di NUMERI.
Il protagonismo dei NUMERI uccide quanto, se non più, della nostra indifferenza, anzi sono proprio loro che generano indifferenza, perché i numeri non hanno il calore dei nomi, non hanno l’ampiezza di un nome, hanno in se una quantità ben definita, ma non la profondità di una vita contenuta in un nome.
I numeri favoriscono l’alienazione della vita.
Una vita, la nostra, che ha come piattaforma esistenziale una serie di numeri: quanti partono, quanti muoiono, quanti sbarcano, quanto hanno pagato per partire, quanti sono pronti per partire, quanto è costata l’operazione di soccorso, quanto costano i centri di accoglienza, quanto incassano i trafficanti di esseri umani, quanto si paga per il passaggio verso il Nord Europa, quanto si paga per un passaporto falso, quanto si spende per le operazioni di salvataggio, quanto l’UE è disposta a mettere a disposizione per la questione immigranti… quanto si paga per una speranza di vita! Quanto… quanto… quanto… soltanto… QUANTO!
Se le domande sono solo una questione di quantità, non di meno lo sono le risposte, è sufficiente una buona calcolatrice e qualche minuto per digitare i dati.
Nel Terzo Millennio la vita è  ridotta solo ad una questione di numeri, tanto nella domanda quanto nella risposta.
Fino a quando le cose staranno così non ci sono molte speranze per una rinascita esistenziale che metta al centro la Vita, che riproponga la ‘’questione UOMO’’, che torni cioè a considerare un uomo, una donna, un bambino, una bambina: ESSERI UMANI!
Il punto è proprio questo: ridotti a numeri, dimentichiamo di esistere come esseri umani e lasciamo che ci trattino come NUMERI, con la stessa freddezza e sbrigatività che richiedono i  NUMERI.
I numeri sono la vera disumanità!
Una società e una cultura fatta di NUMERI fanno perdere il senso della vita, il valore vero, non quello in cifre, di una vita!
Andare  oltre quei numeri significa scoprire che c’è una Vita che viene violentata continuamente e che nessuno (o quasi) ha intenzione di vedere nella sua ampiezza.
Ma vediamo cosa c’è dietro a quei NUMERI…

‘’Almeno 600 eritrei chiusi in un capannone nel porto di Tripoli in condizioni inumane, pronti a partire stasera. Saranno costretti con le armi da trafficanti senza scrupoli a prendere il largo verso Lampedusa con qualunque condizione del tempo e del mare. Nel gruppo ci sono uomini, ma soprattutto minori e molte donne con neonati.
Lo denuncia don Mosè, sacerdote eritreo che da anni aiuta i profughi: ‘’ Sono in contatto con alcuni profughi rinchiusi da almeno una settimana… le condizioni igieniche dentro il capannone sono pessime. Non ci sono bagni e ai profughi non è consentito uscire. Nelle ultime telefonate mi hanno detto di non riuscire più a sopportare la tremenda puzza e la situazione di degrado nel capannone e di essere disposti a partire in qualunque momento. I miliziani non lasciano loro scelta, hanno già incassato i 1800 dollari della tratta da Tripoli  all’Italia e hanno fretta di  liberarsene. Li considerano alla stregua di merce, non esseri umani. Ci sono molti neonati e molti minori tra 16 e 17 anni. Con questo mare e il freddo e senza i controlli di Mare Nostrum, il rischio che si ripetono altre tragedie è molto alto.‘’

Sono quelle tragedie annunciate e inascoltate che poi si risolvono in pochi slogan di propaganda politica o battute di pseudocommozione che fanno odience, magari con qualche lacrima per rendere tutto più verosimile.
Intanto, per restare in tema di numeri, il traffico di esseri umani vale più del 10% del pil libico. Dalla scorsa estate il collasso del Paese ha provocato la chiusura per mancanza di fondi dei centri di detenzione per migranti e la fine del controllo dell’immigrazione illegale. In attesa di un accordo tra islamisti e governo legittimo… è partita una sorta di corsa infernale ad ammassare i profughi nella capitale e a farli partire per incassare più soldi possibile. E il serbatoio di passeggeri delle carrette del mare è ancora pieno.  
Gli ultimi arrivati a Tripoli hanno viaggiato in camion coperti e nelle varie tappe per raggiungere Tripoli dal Sudan hanno visto migliaia di eritrei, etiopi, sudanesi spiaggiati nel deserto, in attesa che la famiglia versi ai trafficanti la rata che consentirà loro di ripartire verso la costa. Il viaggio da Omdurman, dove inizia il commercio di esseri umane alle coste italiane vale 5000 dollari.
Ma nonostante i rischi e i costi, i sequestri lungo la rotta e le centinaia di morti in mare, non si fermerà il flusso della disperazione che cerca futuro in Europa’’.
Il flusso della disperazione non si fermerà, è vero, è una certezza indiscutibile e purtroppo verificabile quotidianamente. È e resterà una certezza fino a quando continueremo a fare uso e abuso di numeri: di prezzi, di guadagno, di motivazioni economiche fondate su concetti relativi a quantità numeriche.
E  se i numeri sono al primo posto in Oriente, non di meno lo sono in Occidente.
Fino a quando continueremo a fare i conti  solo con i numeri e mai con la coscienza, l’uomo continuerà ad essere SCHIAVO DI SE STESSO!
I trafficanti di esseri umani sono schiavi di una vita impostata sui numeri, non di meno lo sono coloro che, dall’altra parte, leggono e decidono ogni azione facendo altrettanto: quanto costa soccorrere un barcone, una vita umana, la vita di un neonato che si affaccia su questo mondo nel modo più doloroso possibile!
Un mondo fondato sui NUMERI ha cambiato le regole del vivere civile, le regole di una civiltà al cui centro ci sia l’UOMO, con il suo bagaglio di valori non negoziabili.
L’orrore vero diventa quindi ‘’la disumanizzazione del concetto di vita, la quantificazione del prezzo di un uomo, la schiavitù dell’uomo moderno dai Numeri, da quella tendenza a ridurre tutto e soltanto a quantità numeriche, la qualità di vita dipende da una quantificazione a 360° di ciò che si possiede, di ciò che si può ricavare, di ciò che si può investire,  di ciò che  si può risparmiare, di ciò che si può  trasformare in numeri.
Il vero orrore è l’aver trasformato un essere umano in un valore numerico e questo… tanto in Oriente quanto in Occidente!
È sconcertante il racconto di don Mosè sulle condizioni dei profughi, ma questo sconcerto, tradotto in numeri diventa una questione di guadagno da parte dei trafficanti e una questione di spesa da parte degli eventuali ospitanti sull’altra riva!
Resta un commercio dall’una e dall’altra parte!
Per non parlare poi dell’obbrobrio di alcuni centri di accoglienza che non si fanno  scrupoli nello speculare sui brandelli di pelle sopravvissuti alle frustrate dei trafficanti prima e del mare poi!
La logica che usiamo nel leggere  queste notizie fa la differenza: la logica dei numeri è spietata, fredda, indiscutibile; la logica del cuore è straziante, sembra impotente di fronte alla supremazia imperante della prima.
Il problema vero non è tanto il riprendere la rotta verso nuovi lidi di speranze, ma l’invertire la rotta verso una centralità da tempo decentralizzata: l’uomo come essere umano e non come prodotto di consumo, di guadagno e di speculazioni finanziare né tanto meno come ‘’luogo per sperimentazioni abusive’’ che lo relegano al ruolo di ‘’cavia da laboratorio’’ e non saprei dire quale dei due ruoli sia il peggiore: ‘’ essere cavie per sperimentazioni disumane o serbatoio di guadagno per una cultura del NUMERO’’.
Se continueremo ad essere soltanto numeri, al di qua e al di là del Mediterraneo… sarà la BARCA DELLA CIVILTA’ ad affondare e in quella BARCA ci siamo tutti, ma proprio tutti… chi legge e chi scrive, chi parte e chi arriva, chi decide e chi subisce, chi finge di non capire e chi preferisce fingersi orbo e sordo, chi resta muto di fronte alla strage che si fa della VITA, chi fa i conti con la calcolatrice e chi finge di fare i conti con la coscienza ma … non trovandola più… o non sapendo dove cercarla … emette una serie di mugolii che fanno rumore senza però produrre niente se non disorientamento  e ingannare il tempo che… inesorabilmente scorre… e purtroppo non a vuoto… dietro di sé lascia una scìa di dolore che, non potendo essere quantificato numericamente… si riversa sul mare della coscienza collettiva trasformandolo in un grande cimitero… dove a morire non sono le migliaia di profughi… ma IL PRINCIPIO STESSO DELLA VITA.
Nella civiltà dei Numeri… l’uomo soccombe a se stesso… è l’Uomo nella sua dignità, nella sua libertà, nel suo valore indiscutibile … che fa le spese (tanto per restare in tema con i numeri) di questa logica numerica che ha ormai alienato l’uomo da tempo… la logica dei valori umanitari, la logica della Vita per far posto alla logica della Morte… che riduce tutto ad una questione di numeri… anzi ad un solo Numero: ZERO!
Zero è il valore dato alla vita e all’uomo.
Le grandi quantità numeriche della finanza mondiale, del guadagno ad ogni costo, passando sopra tutto e tutti… hanno azzerato  IL VALORE DELLA VITA  e in questo caso… possiamo dire non solo qualitativamente ma anche numericamente!
Anche la morte degli esseri umani è solo una questione di numeri…
È questo l’orrore vero!!!

C’è da capire cosa sta succedendo a questo mondo, quale rotta sta seguendo, che cosa vogliamo farne del nostro futuro… anzi, forse dobbiamo capire se un futuro ce l’abbiamo ancora: c’è una forte involuzione dell’essere umano mascherata da uno pseudoprogresso basato sulla logica dei numeri.
Un nome contiene una Vita, un numero contiene solo un’informazione.
Gli immigrati che hanno trovato nel mare la loro tomba sono tanti, troppi; gli immigrati maltrattati, picchiati e violentati sono tanti, troppi… tanti, troppi sono anche gli innocenti che soccombono sotto le spinte estremiste.
Cosa fare?
Occorre recuperare alcuni concetti: fratellanza, solidarietà, umanità, cultura della vita, condivisione, cooperazione… Amore!
In un Nome c’è un bisogno d’amore, in un numero c’è l’aridità dell’economia.

Se ad ogni numero presente nelle statistiche quotidiane corrispondesse un nome…  saremmo un po’  più umani tutti quanti… si riaccenderebbe la speranza, il mondo riprenderebbe a nuotare in acque limpide e accoglienti…  forse solo in quel momento qualcuno si potrebbe svegliare e… qualcosa potrebbe cambiare nella nostra vita… un nome racconta la storia di una vita… forse quelle storie dovremmo un po’ ascoltarle… dovrebbero ascoltarle in tanti… dopo nessuno potrebbe più girarsi dall’altra parte! 

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