sabato 22 agosto 2015




QUELL’IMMOBILISMO CRONICO…

Se la malattia tipicamente italiana è la precarietà (è famosa, infatti, l’eterna precarietà delle cose italiane), la malattia cronica dell’Europa è senza dubbio l’immobilismo, divenuto, più che patologico, addirittura cronico… quasi incurabile relativamente ad alcune questioni, quale quella dell’immigrazione, per la cristallizzazione delle idee, per le ghettizzazioni ideologiche, per la limitazione del senso umanitario di cui è capace, per l’assenza di una volontà solidale e di una sensibilità di accoglienza, per il suo continuare a ristagnare per anni negli stessi vuoti discorsi, per il suo rotolarsi nello stesso fango di sempre, senza mai riuscire ad uscirne e prendere una decisione definitiva!
C’è un’ Europa arroccata nei suoi recinti, trincerata nelle sue pseudopolitiche, apparentemente senza frontiere.
Nonostante la scomparsa delle dogane e l’uniformità dei passaporti, infatti, in realtà le frontiere restano letteralmente chiuse, almeno per quell’aspetto più etico ed umanitario dell’esistenza umana.
Per quanto riguarda l’Italia, alla patologica precarietà va associata un’altra patologia che è quella delle polemiche, del vivere di parole alle quali, poche volte, corrispondono dei fatti concreti, sempre restando sul tema dell’immigrazione.
E dicendo questo non è che voglia dare conferma a quanto detto, cioè alla tendenza degli Italiani alla polemica infinita, ma è solo per introdurre un articolo che sembra abbia ancora l’inchiostro fresco dell’autore, ma che invece è stato scritto circa un anno fa  e non da una persona qualunque, ma, nientepopodimeno che dal presidente del Parlamento Europeo, Martin Schultz, in persona… vediamo cosa  dice in una lettera inviata al direttore di Avvenire il 3 ottobre scorso…

‘’Caro direttore, un anno fa 366 persone, tra uomini, donne e bambini hanno perso la vita a soli 800 metri dalle coste di Lampedusa. Si erano diretti in Europa alla ricerca di protezione, ma hanno trovato soltanto morte. Negli ultimi anni, il Mediterraneo, per millenni culla di civiltà, si è trasformato nell’epicentro di una silenziosa catastrofe umana. Dall’inizio  di quest’anno (2014) sono annegate e risultano disperse almeno 3000 persone, quasi quattro volte il numero relativo al tutto il 2013. È una responsabilità morale dell’Europa fermare quanto sta accadendo.
Evitiamo di confondere dibattiti e contestazioni diverse: ci sono persone che intendono emigrare; ci sono persone che richiedono asilo perché vittime di persecuzioni politiche; ci sono rifugiati umanitari in fuga da povertà estreme, disastri naturali e malattie; rifugiate in fuga da guerre e disordini civile alla ricerca di protezione temporanea.
Potremo affrontare seriamente il problema, solo se accantoniamo tante idee sbagliate.
Primo: l’Europa non è semplicemente uno spettatore inerme sulla sponda battura dalle ondate del popolo sui barconi. La nostra incapacità di concordare politiche Ue coerenti in materia di immigrazione e asilo, nonché il nostro mancato impegno nella realizzazione di una politica euromediterranea a pieno titolo, offrono terreno fertile agli odiosi crimini perpetrati da trafficanti violenti e privi di scrupoli. Se ci fosse un’azione più decisa da parte nostra, in molti non sarebbero obbligati all’azzardo
Questo è di fatto la traversata illegale del mare, ma avrebbero  invece la possibilità seppure non la garanzia, di risiedere legalmente, integrandosi e contribuendo all’economia.
Un impegno maggiore da parte della Ue nel Mediterraneo contribuirebbe alla stabilità nella regione, e questa, a sua volta, renderebbe meno impellente la necessità di emigrare. È necessario un impegno a lungo termine nei luoghi di origine, attraverso per esempio, di programmi di ricostruzione congiunti  a livello europeo.
Secondo: l’Europa non è a posto con i propri doversi. Non abbiamo fatto la nostra parte e non è questo il momento di chiudere i cancelli. Solo il 4% dei rifugiati siriani è stato accolto in Europa,  a fronte di un milione di siriani ospitati in Libano, paese di 5 milioni di abitanti.. la Turchia è in prima linea nella crisi dei rifugiati provenienti dalla Siria e dell’Iraq.
Luoghi come l’isola di Lampedusa o Malta sono allo stremo, m ma la soluzione è che altri Paesi membri e l’Ue intera facciano di più, applicando i principi di equa distribuzione del carico e di solidarietà.
Terzo: si deve controbattere alle affermazioni di quanti sostengono che ‘’lasciare entrare tutti’’ porterebbe alla risoluzione di tutti i conflitti nel mondo. Una corretta politica per i richiedenti asilo e i rifugiati implica l’esistenza di regole eque e chiare, con l’indicazione di alcune limitazioni e priorità, che consentano di garantire protezione a chi ne ha maggiormente bisogno.
L’insediamento della nuova Commissione è imminente e ciò deve portare nuovo slancio anche sul fronte delle emergenze umanitarie e della concessione di asilo, nonché alla definizione di una politica comune di immigrazione. L’operazione Triton, recentemente avviata, deve ricevere risorse finanziarie e operative significative per condurre efficacemente  le attività di ricerca e salvataggio  e non deve servire da mero complemento alla lodevole Mare Nostrum italiana.
Dobbiamo siglare al più presto accordi per la gestione delle migrazioni con le nazioni di origine  e di transito per far sì che i trafficanti non godano della libertà che hanno al momento di agire indisturbati al largo di alcuni Paesi del Nordafrica. La risoluzione della crisi in Libia rappresenta una componente chiave nell’ambito di questa strategia.
L’instabilità in tutti gli Stati a noi vicini ci fa capire  che questo problema non è destinato a scomparire. La Ue ha recentemente intrapreso passi positivi sul fronte delle richieste di asilo, ma ancora c’è molto da fare.
Quanto alle migrazioni, il primo punto cruciale è la creazione
di una politica Ue che non rappresenti una mera seconda fase della politica in materia di asilo.
L’attuale mancanza di una politica di immigrazione comporta che sebbene molti nostri Paesi siano un polo di attrazione costante per la forza lavoro di cui necessitano, quanti vi fanno ingresso irregolarmente sono costretti a rimanere all’ombra, privi di una possibilità di integrazione.
La Ue necessita di persone, le riceve per poi perderle.
Se non fosse tragico, sarebbe assurdo.
Dobbiamo risolvere  questo problema, non solo per ragioni umanitarie, ma anche per affrontare la questione democratica della Ue e il tema della sostenibilità del nostro welfare. Innanzitutto dobbiamo adoperarci per promuovere ulteriormente la mobilità circolare, migliorare il regime di riconoscimento delle qualifiche professionali e rafforzare il nostro impegno con le comunità della diaspora.
Inoltre, tutti gli aspetti relativi all’immigrazione devono essere sempre più profondamente integrati nella nostra cooperazione allo sviluppo.
In particolare con i paesi d’origine e di transito, dove l’assenza di diritti umani e la cattiva gestione governativa sono spesso all’origine dell’emigrazione. Infine, dobbiamo cominciare a impegnarci seriamente per realizzare una politica di immigrazione legale a pieno titolo. L’Europa è sempre stata e continuerà ad essere un continente caratterizzato dall’immigrazione. È logico pertanto che abbia anch’essa un sistema che disciplini l’immigrazione legale, con criteri chiari ed equi, analogo a quelli vigenti in altri Paesi a forte immigrazione, come gli Stati Uniti e il Canada.
La situazione che abbiamo di fronte richiede soluzioni immediate. Soluzioni che proteggono coloro che sono in pericolo, che rispondano ai nostri bisogni economici e ai problemi demografici e che siano di sostegno ai Paesi in prima linea nell’accoglienza della maggioranza degli arrivi. Se veniamo meno alle aspettative, i cittadini andranno a chiedere una soluzione a forze politiche populiste, razziste e xenofobe. Non c’è bisogno di andare troppo indietro nella nostra storia per capire a quali disastri porterebbero queste soluzioni.’’

Ecco, partiamo da quest’ultima affermazione che sembra quasi una profezia annunciata, anche se fare il profeta sul tema immigrazione non richiede specifiche attitudini alla mistica; ciò che la politica non affronta e non risolve con determinazione, prima o poi, lasciata in mano al popolo finisce immancabilmente preda di ‘’avvoltoi affamati di potere’’.
È troppo facile, infatti, ma altrettanto troppo scorretto, sobillare un popolo servendosi dei problemi altrui, problemi per i quali ci si è impegnati a lavorare nel momento in cui ci si è posti in lista per farsi votare, perché tra i compiti dei politici non c’è solo il prendere possesso di una poltrona e cercare di tenersi saldamente aggrappata ad essa con i giochi di palazzo, ma scendere in campo per il rispetto dei diritti dei cittadini del proprio Paese in particolare e degli uomini in generale, non si possono scindere, infatti, le due parti, la politica stessa ne uscirebbe sconfitta e non sarebbe più politica, ma solo una corsa per il potere in sé, prescindendo dall’impegno a governare rettamente, equamente, dignitosamente e democraticamente.

Nel rileggere la lettera del presidente si possono notare dei passaggi ben precisi: intanto in questo testo c’è tutta la verità, una verità sconvolgente che continua a restare fissata solo sulla carta.
Dall’analisi storico-politico-sociale che il  presidente fa, si evince che l’Europa conosce molto bene i motivi per cui tanti fuggono dal proprio paese d’origine; l’Europa sa quello che accade da loro  e sa bene cosa rischiano restando lì… ciononostante… l’unica soluzione a cui è pervenuta è quella di chiudere le frontiere e rimandarli indietro (ed è cronaca di questi giorni)!
Per cercare la logica che muove queste intenzioni non bisogna andare molto lontano… alcune esperienze storico-sociali, a quanto pare, passano senza lasciare né segno né traccia, alcuni addirittura ne cancellano la memoria e strappano le pagine dai libri di storia oltre che dalla coscienza: quello a cui stiamo assistendo è un nuovo olocausto annunciato e voluto o, diciamo pure, che… viene lasciato accadere!
È un olocausto al quale assistiamo immobili, ci scandalizzeremo domani quando lo leggeremo sulle pagine dei libri di storia… oggi intanto lo permettiamo senza scrupoli o problemi di coscienza, ammessa che ce ne sia ancora qualcuna da qualche parte!
L’Europa sa di sbagliare nel gestire la sua politica di immigrazione, è molto chiaro il presidente nel fare il mea culpa, nel riconoscere di non aver fatto il proprio dovere… eppure l’Europa, a distanza di un anno, continua a non fare il proprio dovere, pur riconoscendo la propria mancata  responsabilità storico-politica, civile e sociale.
Il presidente, poi, riconosce apertamente l’ incapacità dell’Europa di concordare politiche coerenti in materia di immigrazione e asilo, nonché il mancato impegno nella realizzazione di una politica euromediterranea a pieno titolo’’ e sa bene che questa incapacità ‘’offre terreno fertile agli odiosi crimini perpetrati da trafficanti violenti e privi di scrupoli.’’
Continua con quel ‘’Se ci fosse un’azione più decisa da parte nostra, in molti non sarebbero obbligati all’azzardo’’: non so se definire questa frase un’invocazione o solo una consapevolezza senza risposta, ma con conseguenze disastrose, nel senso che sembra quasi un’affermazione di colpa, di mancata responsabilità, ma… ciononostante… resta un congiuntivo a cui non fa seguito quell’indicativo che dà risposte concrete al desiderio espresso… resta un ‘’se ci fosse’’ sospeso, quasi che appartenga ad altri quel fare che non viene messo in atto, non segue, infatti, il ‘’se finora non s’è fatto… da domani si farà…’’, ha il sapore insipido di un’ammissione di colpa senza la remissione del peccato… forse in Europa non si hanno le idee molte chiare su tutti i passaggi della confessione!
Non sanno che ciò di cui ci si autoaccusa va poi riparato con azioni concrete: se hai preso illegalmente… restituisci, se non hai fatto il tuo dovere… fallo! Solo così il mea culpa funziona ed ha senso.
Sapere ciò che non si è fatto e ciò che si dovrebbe fare e non farlo ancora procrastinando i tempi all’infinito… sapendo che ad ogni minuto che passa a vuoto corrispondono decine di persone che perdono la vita… non ha una logica né umana né politica che possa essere accettata né tanto meno condivisa.
Eppure è proprio così… da anni!
E continuerà ad essere così, purtroppo… per altri anni!
Accettare quest’immobilismo ad oltranza, trincerandosi dietro i ‘’si potrebbe … si dovrebbe… se ci fosse… se si facesse…’’  significa condividere lo stesso tragico immobilismo.
Mi fa molto riflettere la reazione del mondo politico italiano alle provocazioni di mons. Galantino di questi ultimi giorni: tutti si sono affrettati o a rimandare indietro le accuse, senza sapere – ovviamente – quello che si andava a dire, oppure a scaricare le responsabilità su questo o quell’altro partito, c’è stato anche chi, lisciandosi le penne, diceva ‘’ noi volevamo fare… noi avevamo proposto… poi però … non è stata colpa nostra… noi qui… noi là… loro così… loro colà…‘’ poi tutto termina nella richiesta di dimissioni di questo o di quel rappresentante politico, tutto annega nel mare delle polemiche e si finisce, come al solito, in uno scaricabarile o in una strumentalizzazione della situazione a fini prettamente politici ed elettivi. Punto. Non c’è altro. Nessuna vera soluzione, nessuna vera decisione, nessun vero impegno.
Ciò che si  coglie è solo lo spirito polemico, il risentimento per le accuse che colpiscono al cuore, la volontà di dare risposte limitatamente al discorso politico, senza nessun legame con la realtà dell’immigrazione.
Gli immigrati sono abbandonati a se stessi, bivaccano nelle stazioni e nei quartieri di tante città italiane… nessuno se ne occupa seriamente, non c’è nessun tipo di organizzazione a livello governativo, ci sono iniziative delle singole prefetture, risposte che, a volte, sono peggiori del problema stesso; iniziative  del mondo cattolico e privato, ma senza nessun collegamento fra esse, ogni cosa è lasciata alla sensibilità dei singoli soggetti.
Hanno ben ragione le popolazioni a protestare per il disordine e il chiasso sotto le loro balconate… se gli immigrati sono lasciati a se stessi, se non sanno dove andare, se nessuno dà risposte alle loro domande né ai loro bisogni, se sono abbandonati nelle strade italiane, se non c’è coordinamento nè organizzazione di nessun genere… come si fa a sopravvivere a questo caos al quale il governo fatica a dare risposte serie e concrete?
C’è solo un mare di polemiche in cui naufragano parole… parole… parole!
La protesta della popolazione non è contro gli immigrati, ma contro la disorganizzazione politica di fronte a questa realtà, contro la volontà di dare risposte concrete a richieste concrete e legittime.
Non si possono lasciare migliaia di persone lungo le strade, prive di ogni necessità biologicamente legittima e lasciare che sia il popolo a trovare localmente soluzioni. Non si può! Non è giusto. Non è corretto.
È chiaro che neanche l’Italia è esente da quell’immobilismo che ha contagiato l’Europa… così passano gli anni e passa anche la scena di questo mondo con tutto il suo carico di morte, sofferenze e responsabilità evase!

C’è da riflettere attentamente sull’affermazione del presidente: ‘’Potremo affrontare seriamente il problema, solo se accantoniamo tante idee sbagliate.’’
Il presidente sa che il problema non è mai stato affrontato ‘’seriamente’’ e sa che alla base ci sono ‘’ tante idee sbagliate’’ che vanno, una volta per tutte, accantonate e sostituite con idee più giuste e sagge; resta, tuttavia, anche in questo caso, quel senso di sospensione già notato prima: non è la cura che manca, ma l’intenzione di applicarla, si preferisce protrarre la sofferenza del malato, piuttosto che curare, perché somministrare la cura richiede coraggio, richiede un salto di qualità che non si è disposti a fare o non si è capaci di fare, si preferisce  crogiolarsi nelle proprie riconosciute incapacità e immobilità e lasciare che l’acqua scorra sotto i ponti… non importa se quell’acqua poi si tinge sempre più di rosso!

Si è terribilmente coscienti che la mancata azione degli addetti ai lavori porta, immancabilmente, ad ‘’offrire terreno fertile agli odiosi crimini perpetrati da trafficanti violenti e privi di scrupoli’’, ma nemmeno questo serve per smuovere dall’indolenza.
Si conosce il problema, si individua la cura, si conoscono le drammatiche conseguenze della mancata somministrazione della cura… eppure si tentenna nel somministrarla.
C’è logica in tutto questo?
L’unica logica che so trovare è quella dell’indifferenza umana di fronte al dolore del simile; quella della priorità dei numeri e dei calcoli a tavolino sul diritto alla vita e quella dell’economia che resetta asetticamente ogni cosa, diritti umani compresi.

Una logica che distrugge l’uomo come uomo e la politica come politica.

Il presidente auspica un ‘’impegno maggiore. Un impegno maggiore nella  programmazione di una ricostruzione congiunta  a livello europeo… perché l’Europa non è a posto con i propri doversi. Non abbiamo fatto la nostra parte’’.
Gli auspici lasciano il tempo che trovano se  non si ha nessuna intenzione di rimediare a quanto non fatto.
Non di auspici vive l’Europa, ma dell’impegno concreto e corretto di tutti.
Basterebbe questo. Invece… ad un anno da questa lettera… niente, assolutamente niente è cambiato.
Scioccante!

’Dobbiamo siglare al più presto accordi per la gestione delle migrazioni con le nazioni di origine ‘’, anche questo è un ‘’dobbiamo’’ che, a distanza di un anno, aspetta ancora tempi giusti e persone di buona volontà; va ricordato, però, che è un ‘’dobbiamo’’ che porta su di sé il carico pesante di migliaia di morti di cui si è responsabili in prima persona.

’La Ue ha recentemente intrapreso passi positivi sul fronte delle richieste di asilo, ma ancora c’è molto da fare.’’
Di passi postivi ne ho visti pochini, veramente, quasi impercettibili, da cercarsi con la lente.
È chiaro che tutt’oggi c’è ancora molto da fare, semplicemente perché non è stato fatto assolutamente niente!

‘’La Ue necessita di persone, le riceve per poi perderle. Se non fosse tragico, sarebbe assurdo.’’
Questa, forse, è la presa di coscienza più amara di tutto il discorso.
La grande delusione europea, capace di fare i conti al centesimo, pur parlando di miliardi di euro, ed incapace  di essere ‘’semplicemente umana’’ pur essendo fatta da un insieme di uomini.
L’Europa fatta solo di economia, resta un organismo prettamente finanziario, non politico, dove per politica s’intende l’agire democratico nel rispetto dei valori e dei diritti civili!

Dice ancora il presidente ‘’Dobbiamo risolvere  questo problema, non solo per ragioni umanitarie, ma anche per affrontare la questione democratica della Ue e il tema della sostenibilità del nostro welfare.’’
Si è d’accordo sulla necessità di dover risolvere questo problema e quanto prima anche, oltre che nel miglior dei modi, quanto alle motivazioni direi che la priorità andrebbe data al diritto di sopravvivenza di cui ciascun uomo è detentore; gli immigrati chiedono solo un posto per vivere… a noi tocca far semplicemente un po’ di spazio… aggiungere un posto a tavola!

Nella casa di don Giuseppe, si sta un pochino stretti, c’è un sovraffollamento superiore alla disponibilità dello spazio della casa stessa, ma ciò non impedisce di tenere aperta la porta per chi voglia entrare… un po’ di spazio ancora, se non c’è, lo si trova stringendosi un po’!
L’Europa è grande, è sovraffollata, è carica di problemi e molti Paesi anche di debiti… ma ciò non giustifica il rifiuto di aiuto a chi è in pericolo di vita.

‘’La situazione che abbiamo di fronte richiede soluzioni immediate.’’
Sì, occorrono soluzioni immediate… il problema è valutare e quantificare questa ‘’immediatezza’’: ad un anno dal pronunciamento di queste parole… si continua a ribadire che occorrono soluzioni immediate… ma quanto a metterle in atto è ancora tutto da stabilire… forse fra qualche decennio! … Anche l’immediatezza, probabilmente, risente di quel senso del relativismo che ha contaminato, purtroppo, ogni settore di vita umana, includendo in essa anche la morte che… per sua natura… non chiede permesso a nessuno né aspetta mai il treno delle buone intenzioni… essa passa e va… fa da padrona e non serve nessuno, tanto meno la politica; ha una sua autonomia d’azione e un suo tempo improcrastinabile… la morte, a quanto parte, è l’unica che possa gridar vittoria in questi ultimi tempi!
Conclusione amara… ma terribilmente vera!
Ogni giorno vengono proposte statistiche sugli sbarchi e sulle vittime dell’immigrazione: il numero dei morti accertati non è inferiore a quello dei salvati; aggiungendo ad essi i morti mai recuperati in mare, i cui numeri sono sconosciuti ed alquanto ipotetici, … ecco l’eccezione che fa la regola: non sempre la vita vince sulla morte!
È chiaro che va sottolineata una cosa: questa non è la regola universale, ma solo quella particolare, quella di coloro che non riescono a tradurre in fatti quanto affermano a parole, quella di coloro che si arrampicano sugli specchi e piangono per il graffio che, sbadatamente, si è fatto in questa complicata arrampicata: qualche giorno fa, in un salotto televisivo, nel primo pomeriggio sulla Rai, il famoso Giampiero  Mughini commentava la cattiva abitudine degli italiani di abbandonare i cani nel periodo estivo, per le difficoltà che si incontrano nel portarli con loro in vacanza e diceva questo, con un tono di voce alquanto autoritario e deciso: ‘’Abbandonare un cane è una barbaria senza limiti, è una responsabilità elusa, come quella che si ha nei confronti del proprio figlio’’.
Se l’abbandono di un cane è definita ‘’una barbaria’’ e se il dovere verso un cane è paragonato a quello verso un figlio… il dovere verso i propri simili a che cosa è paragonabile???
Lo scandalo vero è la morte di un cane sull’autostrada (con tutto il rispetto verso i cani, dei quali non nego né ne sminuisco i diritti) o la morte di migliaia di uomini, donne e bambini che annegano ‘’da cani’’ senza speranza di salvezza!?
Se è barbaria la morte di un cane abbandonato… forse non lo è quella di interi popoli che fuggono dalla guerra, dalla dittatura, dalla fame???
O certo, è più facile scrivere una legge che prevede la multa per l’abbandono del proprio cane, piuttosto che predisporne una che impedisca un’ecatombe umanitaria… ma si è al governo-potere per questo… o forse no!?

Caro presidente del Parlamento Europeo, grazie per la lezione umanitaria che ci ha dato nello scrivere questa lettera… una lezione magistrale, senza dubbio… peccato però, che, in questo momento storico, il numero dei professori in cattedra superi di gran lunga quello degli assistenti in campo… e quei pochi che ci sono cercano soluzioni che faticano a trovare… forse, dico forse, perché non vorrei scavalcare il ruolo di nessuno, bisognerebbe dargli una bussola di orientamento… partendo dal presupposto che (senza presunzione di affermare verità)… un uomo potrebbe anche valere più di un cane!!!

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