QUELL’IMMOBILISMO
CRONICO…
Se la malattia tipicamente italiana
è la precarietà (è famosa, infatti, l’eterna
precarietà delle cose italiane), la malattia cronica dell’Europa è senza dubbio
l’immobilismo, divenuto, più che
patologico, addirittura cronico… quasi incurabile relativamente ad alcune
questioni, quale quella dell’immigrazione, per la cristallizzazione delle idee,
per le ghettizzazioni ideologiche, per la limitazione del senso umanitario di
cui è capace, per l’assenza di una volontà solidale e di una sensibilità di
accoglienza, per il suo continuare a ristagnare per anni negli stessi vuoti
discorsi, per il suo rotolarsi nello stesso fango di sempre, senza mai riuscire
ad uscirne e prendere una decisione definitiva!
C’è un’ Europa arroccata nei suoi
recinti, trincerata nelle sue pseudopolitiche, apparentemente senza frontiere.
Nonostante la scomparsa delle
dogane e l’uniformità dei passaporti, infatti, in realtà le frontiere restano letteralmente
chiuse, almeno per quell’aspetto più etico ed umanitario dell’esistenza umana.
Per quanto riguarda l’Italia, alla
patologica precarietà va associata un’altra patologia che è quella delle polemiche, del vivere di parole alle quali, poche volte, corrispondono dei fatti
concreti, sempre restando sul tema dell’immigrazione.
E dicendo questo non è che voglia
dare conferma a quanto detto, cioè alla tendenza degli Italiani alla polemica
infinita, ma è solo per introdurre un articolo che sembra abbia ancora
l’inchiostro fresco dell’autore, ma che invece è stato scritto circa un anno
fa e non da una persona qualunque, ma,
nientepopodimeno che dal presidente del Parlamento Europeo, Martin Schultz, in
persona… vediamo cosa dice in una
lettera inviata al direttore di Avvenire il 3 ottobre scorso…
‘’Caro direttore, un anno fa 366 persone, tra uomini, donne e bambini
hanno perso la vita a soli 800 metri dalle coste di Lampedusa. Si erano diretti
in Europa alla ricerca di protezione, ma hanno trovato soltanto morte. Negli
ultimi anni, il Mediterraneo, per millenni culla di civiltà, si è trasformato
nell’epicentro di una silenziosa catastrofe umana. Dall’inizio di quest’anno (2014) sono annegate e
risultano disperse almeno 3000 persone, quasi quattro volte il numero relativo
al tutto il 2013. È una responsabilità morale dell’Europa fermare quanto sta
accadendo.
Evitiamo di confondere dibattiti e contestazioni diverse: ci sono persone
che intendono emigrare; ci sono persone che richiedono asilo perché vittime di
persecuzioni politiche; ci sono rifugiati umanitari in fuga da povertà estreme,
disastri naturali e malattie; rifugiate in fuga da guerre e disordini civile
alla ricerca di protezione temporanea.
Potremo affrontare seriamente il problema, solo se accantoniamo tante
idee sbagliate.
Primo: l’Europa non è semplicemente uno spettatore inerme sulla sponda
battura dalle ondate del popolo sui barconi. La nostra incapacità di concordare
politiche Ue coerenti in materia di immigrazione e asilo, nonché il nostro
mancato impegno nella realizzazione di una politica euromediterranea a pieno
titolo, offrono terreno fertile agli odiosi crimini perpetrati da trafficanti
violenti e privi di scrupoli. Se ci fosse un’azione più decisa da parte nostra,
in molti non sarebbero obbligati all’azzardo
Questo è di fatto la traversata illegale del mare, ma avrebbero invece la possibilità seppure non la garanzia,
di risiedere legalmente, integrandosi e contribuendo all’economia.
Un impegno maggiore da parte della Ue nel Mediterraneo contribuirebbe
alla stabilità nella regione, e questa, a sua volta, renderebbe meno impellente
la necessità di emigrare. È necessario un impegno a lungo termine nei luoghi di
origine, attraverso per esempio, di programmi di ricostruzione congiunti a livello europeo.
Secondo: l’Europa non è a posto con i propri doversi. Non abbiamo fatto
la nostra parte e non è questo il momento di chiudere i cancelli. Solo il 4%
dei rifugiati siriani è stato accolto in Europa, a fronte di un milione di siriani ospitati in
Libano, paese di 5 milioni di abitanti.. la Turchia è in prima linea nella
crisi dei rifugiati provenienti dalla Siria e dell’Iraq.
Luoghi come l’isola di Lampedusa o Malta sono allo stremo, m ma la
soluzione è che altri Paesi membri e l’Ue intera facciano di più, applicando i
principi di equa distribuzione del carico e di solidarietà.
Terzo: si deve controbattere alle affermazioni di quanti sostengono che
‘’lasciare entrare tutti’’ porterebbe alla risoluzione di tutti i conflitti nel
mondo. Una corretta politica per i richiedenti asilo e i rifugiati implica
l’esistenza di regole eque e chiare, con l’indicazione di alcune limitazioni e
priorità, che consentano di garantire protezione a chi ne ha maggiormente
bisogno.
L’insediamento della nuova Commissione è imminente e ciò deve portare
nuovo slancio anche sul fronte delle emergenze umanitarie e della concessione
di asilo, nonché alla definizione di una politica comune di immigrazione.
L’operazione Triton, recentemente avviata, deve ricevere risorse finanziarie e
operative significative per condurre efficacemente le attività di ricerca e salvataggio e non deve servire da mero complemento alla
lodevole Mare Nostrum italiana.
Dobbiamo siglare al più presto accordi per la gestione delle migrazioni
con le nazioni di origine e di transito
per far sì che i trafficanti non godano della libertà che hanno al momento di
agire indisturbati al largo di alcuni Paesi del Nordafrica. La risoluzione
della crisi in Libia rappresenta una componente chiave nell’ambito di questa
strategia.
L’instabilità in tutti gli Stati a noi vicini ci fa capire che questo problema non è destinato a
scomparire. La Ue ha recentemente intrapreso passi positivi sul fronte delle
richieste di asilo, ma ancora c’è molto da fare.
Quanto alle migrazioni, il primo punto cruciale è la creazione
di una politica Ue
che non rappresenti una mera seconda fase della politica in materia di asilo.
L’attuale mancanza di una politica di immigrazione
comporta che sebbene molti nostri Paesi siano un polo di attrazione costante
per la forza lavoro di cui necessitano, quanti vi fanno ingresso irregolarmente
sono costretti a rimanere all’ombra, privi di una possibilità di integrazione.
La Ue necessita di persone, le riceve per poi perderle.
Se non fosse tragico, sarebbe assurdo.
Dobbiamo risolvere
questo problema, non solo per ragioni umanitarie, ma anche per
affrontare la questione democratica della Ue e il tema della sostenibilità del
nostro welfare. Innanzitutto dobbiamo adoperarci per promuovere ulteriormente
la mobilità circolare, migliorare il regime di riconoscimento delle qualifiche
professionali e rafforzare il nostro impegno con le comunità della diaspora.
Inoltre, tutti gli aspetti relativi all’immigrazione
devono essere sempre più profondamente integrati nella nostra cooperazione allo
sviluppo.
In particolare con i paesi
d’origine e di transito, dove l’assenza di diritti umani e la cattiva gestione
governativa sono spesso all’origine dell’emigrazione. Infine, dobbiamo cominciare
a impegnarci seriamente per realizzare una politica di immigrazione legale a
pieno titolo. L’Europa è sempre stata e continuerà ad essere un continente
caratterizzato dall’immigrazione. È logico pertanto che abbia anch’essa un
sistema che disciplini l’immigrazione legale, con criteri chiari ed equi,
analogo a quelli vigenti in altri Paesi a forte immigrazione, come gli Stati
Uniti e il Canada.
La situazione che abbiamo di fronte
richiede soluzioni immediate. Soluzioni che proteggono coloro che sono in pericolo,
che rispondano ai nostri bisogni economici e ai problemi demografici e che
siano di sostegno ai Paesi in prima linea nell’accoglienza della maggioranza
degli arrivi. Se veniamo meno alle aspettative, i cittadini andranno a chiedere
una soluzione a forze politiche populiste, razziste e xenofobe. Non c’è bisogno
di andare troppo indietro nella nostra storia per capire a quali disastri
porterebbero queste soluzioni.’’
Ecco, partiamo da quest’ultima affermazione che sembra quasi una profezia
annunciata, anche se fare il profeta sul tema immigrazione non richiede
specifiche attitudini alla mistica; ciò che la politica non affronta e non
risolve con determinazione, prima o poi, lasciata in mano al popolo finisce
immancabilmente preda di ‘’avvoltoi affamati di potere’’.
È troppo facile, infatti, ma altrettanto troppo scorretto, sobillare un
popolo servendosi dei problemi altrui, problemi per i quali ci si è impegnati a
lavorare nel momento in cui ci si è posti in lista per farsi votare, perché tra
i compiti dei politici non c’è solo il prendere possesso di una poltrona e cercare
di tenersi saldamente aggrappata ad essa con i giochi di palazzo, ma scendere
in campo per il rispetto dei diritti dei cittadini del proprio Paese in
particolare e degli uomini in generale, non si possono scindere, infatti, le
due parti, la politica stessa ne uscirebbe sconfitta e non sarebbe più politica,
ma solo una corsa per il potere in sé, prescindendo dall’impegno a governare
rettamente, equamente, dignitosamente e democraticamente.
Nel rileggere la lettera del presidente si possono notare dei passaggi
ben precisi: intanto in questo testo c’è tutta la verità, una verità
sconvolgente che continua a restare fissata solo sulla carta.
Dall’analisi
storico-politico-sociale che il
presidente fa, si evince che l’Europa conosce molto bene i motivi per
cui tanti fuggono dal proprio paese d’origine; l’Europa sa quello che accade da
loro e sa bene cosa rischiano restando
lì… ciononostante… l’unica soluzione a cui è pervenuta è quella di chiudere le
frontiere e rimandarli indietro (ed è cronaca di questi giorni)!
Per cercare
la logica che muove queste intenzioni non bisogna andare molto lontano… alcune
esperienze storico-sociali, a quanto pare, passano senza lasciare né segno né traccia,
alcuni addirittura ne cancellano la memoria e strappano le pagine dai libri di
storia oltre che dalla coscienza: quello a cui stiamo assistendo è un nuovo
olocausto annunciato e voluto o, diciamo pure, che… viene lasciato accadere!
È un
olocausto al quale assistiamo immobili, ci scandalizzeremo domani quando lo
leggeremo sulle pagine dei libri di storia… oggi intanto lo permettiamo senza scrupoli
o problemi di coscienza, ammessa che ce ne sia ancora qualcuna da qualche
parte!
L’Europa sa
di sbagliare nel gestire la sua politica di immigrazione, è molto chiaro il
presidente nel fare il mea culpa, nel riconoscere di non aver fatto il proprio
dovere… eppure l’Europa, a distanza di un anno, continua a non fare il proprio
dovere, pur riconoscendo la propria mancata responsabilità storico-politica, civile e
sociale.
Il presidente,
poi, riconosce apertamente l’ incapacità dell’Europa
di concordare politiche coerenti in materia di immigrazione e asilo, nonché il mancato
impegno nella realizzazione di una politica euromediterranea a pieno titolo’’ e
sa bene che questa incapacità ‘’offre
terreno fertile agli odiosi crimini perpetrati da trafficanti violenti e privi
di scrupoli.’’
Continua con
quel ‘’Se ci fosse un’azione più decisa
da parte nostra, in molti non sarebbero obbligati all’azzardo’’: non so se
definire questa frase un’invocazione o solo una consapevolezza senza risposta, ma
con conseguenze disastrose, nel senso che sembra quasi un’affermazione di
colpa, di mancata responsabilità, ma… ciononostante… resta un congiuntivo a cui
non fa seguito quell’indicativo che dà risposte concrete al desiderio espresso…
resta un ‘’se ci fosse’’ sospeso, quasi
che appartenga ad altri quel fare che non viene messo in atto, non segue,
infatti, il ‘’se finora non s’è fatto… da
domani si farà…’’, ha il sapore insipido di un’ammissione di colpa senza la
remissione del peccato… forse in Europa non si hanno le idee molte chiare su
tutti i passaggi della confessione!
Non sanno
che ciò di cui ci si autoaccusa va poi riparato con azioni concrete: se hai
preso illegalmente… restituisci, se non hai fatto il tuo dovere… fallo! Solo
così il mea culpa funziona ed ha senso.
Sapere ciò
che non si è fatto e ciò che si dovrebbe fare e non farlo ancora procrastinando
i tempi all’infinito… sapendo che ad ogni minuto che passa a vuoto
corrispondono decine di persone che perdono la vita… non ha una logica né umana
né politica che possa essere accettata né tanto meno condivisa.
Eppure è
proprio così… da anni!
E
continuerà ad essere così, purtroppo… per altri anni!
Accettare
quest’immobilismo ad oltranza, trincerandosi dietro i ‘’si potrebbe … si dovrebbe… se ci fosse… se si facesse…’’ significa condividere lo stesso tragico
immobilismo.
Mi fa molto
riflettere la reazione del mondo politico italiano alle provocazioni di mons.
Galantino di questi ultimi giorni: tutti si sono affrettati o a rimandare
indietro le accuse, senza sapere – ovviamente – quello che si andava a dire,
oppure a scaricare le responsabilità su questo o quell’altro partito, c’è stato
anche chi, lisciandosi le penne, diceva ‘’
noi volevamo fare… noi avevamo proposto… poi però … non è stata colpa nostra…
noi qui… noi là… loro così… loro colà…‘’ poi tutto termina nella richiesta
di dimissioni di questo o di quel rappresentante politico, tutto annega nel
mare delle polemiche e si finisce, come al solito, in uno scaricabarile o in
una strumentalizzazione della situazione a fini prettamente politici ed
elettivi. Punto. Non c’è altro. Nessuna vera soluzione, nessuna vera decisione,
nessun vero impegno.
Ciò che si coglie è solo lo spirito polemico, il
risentimento per le accuse che colpiscono al cuore, la volontà di dare risposte
limitatamente al discorso politico, senza nessun legame con la realtà
dell’immigrazione.
Gli
immigrati sono abbandonati a se stessi, bivaccano nelle stazioni e nei
quartieri di tante città italiane… nessuno se ne occupa seriamente, non c’è nessun
tipo di organizzazione a livello governativo, ci sono iniziative delle singole
prefetture, risposte che, a volte, sono peggiori del problema stesso;
iniziative del mondo cattolico e
privato, ma senza nessun collegamento fra esse, ogni cosa è lasciata alla
sensibilità dei singoli soggetti.
Hanno ben
ragione le popolazioni a protestare per il disordine e il chiasso sotto le loro
balconate… se gli immigrati sono lasciati a se stessi, se non sanno dove
andare, se nessuno dà risposte alle loro domande né ai loro bisogni, se sono
abbandonati nelle strade italiane, se non c’è coordinamento nè organizzazione di
nessun genere… come si fa a sopravvivere a questo caos al quale il governo fatica
a dare risposte serie e concrete?
C’è solo un
mare di polemiche in cui naufragano parole… parole… parole!
La protesta
della popolazione non è contro gli immigrati, ma contro la disorganizzazione
politica di fronte a questa realtà, contro la volontà di dare risposte concrete
a richieste concrete e legittime.
Non si
possono lasciare migliaia di persone lungo le strade, prive di ogni necessità
biologicamente legittima e lasciare che sia il popolo a trovare localmente
soluzioni. Non si può! Non è giusto. Non è corretto.
È chiaro
che neanche l’Italia è esente da quell’immobilismo che ha contagiato l’Europa…
così passano gli anni e passa anche la scena di questo mondo con tutto il suo
carico di morte, sofferenze e responsabilità evase!
C’è da riflettere attentamente
sull’affermazione del presidente: ‘’Potremo affrontare seriamente il
problema, solo se accantoniamo tante idee sbagliate.’’
Il presidente sa che il problema
non è mai stato affrontato ‘’seriamente’’
e sa che alla base ci sono ‘’ tante idee
sbagliate’’ che vanno, una volta per tutte, accantonate e sostituite con
idee più giuste e sagge; resta, tuttavia, anche in questo caso, quel senso di
sospensione già notato prima: non è la cura
che manca, ma l’intenzione di applicarla,
si preferisce protrarre la sofferenza del malato, piuttosto che curare, perché
somministrare la cura richiede coraggio, richiede un salto di qualità che non
si è disposti a fare o non si è capaci di fare, si preferisce crogiolarsi nelle proprie riconosciute
incapacità e immobilità e lasciare che l’acqua scorra sotto i ponti… non
importa se quell’acqua poi si tinge sempre più di rosso!
Si è
terribilmente coscienti che la mancata azione degli addetti ai lavori porta,
immancabilmente, ad ‘’offrire terreno fertile agli odiosi crimini perpetrati
da trafficanti violenti e privi di scrupoli’’, ma nemmeno questo serve per
smuovere dall’indolenza.
Si conosce
il problema, si individua la cura, si conoscono le drammatiche conseguenze
della mancata somministrazione della cura… eppure si tentenna nel
somministrarla.
C’è logica
in tutto questo?
L’unica
logica che so trovare è quella dell’indifferenza umana di fronte al dolore del
simile; quella della priorità dei numeri e dei calcoli a tavolino sul diritto
alla vita e quella dell’economia che resetta asetticamente ogni cosa, diritti
umani compresi.
Una logica
che distrugge l’uomo come uomo e la politica come politica.
Il presidente auspica un ‘’impegno maggiore. Un impegno maggiore
nella programmazione di una
ricostruzione congiunta a livello
europeo… perché l’Europa non è a posto con i propri doversi. Non abbiamo fatto
la nostra parte’’.
Gli auspici lasciano il tempo che
trovano se non si ha nessuna intenzione
di rimediare a quanto non fatto.
Non di auspici vive l’Europa, ma
dell’impegno concreto e corretto di tutti.
Basterebbe
questo. Invece… ad un anno da questa lettera… niente, assolutamente niente è
cambiato.
Scioccante!
‘’Dobbiamo siglare al più presto accordi per
la gestione delle migrazioni con le nazioni di origine ‘’, anche questo è un
‘’dobbiamo’’ che, a distanza di un
anno, aspetta ancora tempi giusti e persone di buona volontà; va ricordato,
però, che è un ‘’dobbiamo’’ che porta
su di sé il carico pesante di migliaia di morti di cui si è responsabili in
prima persona.
‘’La Ue ha recentemente intrapreso passi
positivi sul fronte delle richieste di asilo, ma ancora c’è molto da fare.’’
Di passi
postivi ne ho visti pochini, veramente, quasi impercettibili, da cercarsi con
la lente.
È chiaro
che tutt’oggi c’è ancora molto da fare, semplicemente perché non è stato fatto
assolutamente niente!
‘’La Ue necessita di persone, le riceve per poi
perderle. Se non fosse tragico, sarebbe assurdo.’’
Questa,
forse, è la presa di coscienza più amara di tutto il discorso.
La grande
delusione europea, capace di fare i conti al centesimo, pur parlando di
miliardi di euro, ed incapace di essere ‘’semplicemente
umana’’ pur essendo fatta da un insieme di uomini.
L’Europa
fatta solo di economia, resta un organismo prettamente finanziario, non
politico, dove per politica s’intende l’agire democratico nel rispetto dei
valori e dei diritti civili!
Dice ancora
il presidente ‘’Dobbiamo risolvere questo problema, non solo per ragioni
umanitarie, ma anche per affrontare la questione democratica della Ue e il tema
della sostenibilità del nostro welfare.’’
Si è d’accordo
sulla necessità di dover risolvere questo problema e quanto prima anche, oltre
che nel miglior dei modi, quanto alle motivazioni direi che la priorità
andrebbe data al diritto di sopravvivenza di cui ciascun uomo è detentore; gli
immigrati chiedono solo un posto per vivere… a noi tocca far semplicemente un po’
di spazio… aggiungere un posto a tavola!
Nella casa
di don Giuseppe, si sta un pochino stretti, c’è un sovraffollamento superiore
alla disponibilità dello spazio della casa stessa, ma ciò non impedisce di tenere
aperta la porta per chi voglia entrare… un po’ di spazio ancora, se non c’è, lo
si trova stringendosi un po’!
L’Europa è
grande, è sovraffollata, è carica di problemi e molti Paesi anche di debiti… ma
ciò non giustifica il rifiuto di aiuto a chi è in pericolo di vita.
‘’La situazione che abbiamo di fronte richiede
soluzioni immediate.’’
Sì, occorrono
soluzioni immediate… il problema è valutare e quantificare questa ‘’immediatezza’’: ad un anno dal
pronunciamento di queste parole… si continua a ribadire che occorrono soluzioni
immediate… ma quanto a metterle in atto è ancora tutto da stabilire… forse fra
qualche decennio! … Anche l’immediatezza, probabilmente, risente di quel senso
del relativismo che ha contaminato, purtroppo, ogni settore di vita umana,
includendo in essa anche la morte che… per sua natura… non chiede permesso a
nessuno né aspetta mai il treno delle buone intenzioni… essa passa e va… fa da
padrona e non serve nessuno, tanto meno la politica; ha una sua autonomia d’azione
e un suo tempo improcrastinabile… la morte, a quanto parte, è l’unica che possa
gridar vittoria in questi ultimi tempi!
Conclusione
amara… ma terribilmente vera!
Ogni giorno
vengono proposte statistiche sugli sbarchi e sulle vittime dell’immigrazione:
il numero dei morti accertati non è inferiore a quello dei salvati; aggiungendo
ad essi i morti mai recuperati in mare, i cui numeri sono sconosciuti ed
alquanto ipotetici, … ecco l’eccezione che fa la regola: non sempre la vita vince sulla morte!
È chiaro
che va sottolineata una cosa: questa non è la regola universale, ma solo quella
particolare, quella di coloro che non riescono a tradurre in fatti quanto
affermano a parole, quella di coloro che si arrampicano sugli specchi e
piangono per il graffio che, sbadatamente, si è fatto in questa complicata arrampicata:
qualche giorno fa, in un salotto televisivo, nel primo pomeriggio sulla Rai, il
famoso Giampiero Mughini commentava la
cattiva abitudine degli italiani di abbandonare i cani nel periodo estivo, per
le difficoltà che si incontrano nel portarli con loro in vacanza e diceva
questo, con un tono di voce alquanto autoritario e deciso: ‘’Abbandonare un cane è una barbaria senza
limiti, è una responsabilità elusa, come quella che si ha nei confronti del
proprio figlio’’.
Se l’abbandono
di un cane è definita ‘’una barbaria’’ e se il dovere verso un cane è paragonato
a quello verso un figlio… il dovere verso i propri simili a che cosa è
paragonabile???
Lo scandalo
vero è la morte di un cane sull’autostrada (con tutto il rispetto verso i cani,
dei quali non nego né ne sminuisco i diritti) o la morte di migliaia di uomini,
donne e bambini che annegano ‘’da cani’’ senza speranza di salvezza!?
Se è barbaria
la morte di un cane abbandonato… forse non lo è quella di interi popoli che
fuggono dalla guerra, dalla dittatura, dalla fame???
O certo, è
più facile scrivere una legge che prevede la multa per l’abbandono del proprio
cane, piuttosto che predisporne una che impedisca un’ecatombe umanitaria… ma si
è al governo-potere per questo… o forse no!?
Caro presidente
del Parlamento Europeo, grazie per la lezione umanitaria che ci ha dato nello
scrivere questa lettera… una lezione magistrale, senza dubbio… peccato però, che,
in questo momento storico, il numero dei professori in cattedra superi di gran
lunga quello degli assistenti in campo… e quei pochi che ci sono cercano
soluzioni che faticano a trovare… forse, dico forse, perché non vorrei
scavalcare il ruolo di nessuno, bisognerebbe dargli una bussola di orientamento…
partendo dal presupposto che (senza presunzione di affermare verità)… un uomo potrebbe anche valere più di un cane!!!

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