Certo, sono
giornate complicate queste giornate di inizio settembre; giornate complicate ma,
per la prima volta, … giornate più umane.
Un fatto
nuovo le caratterizza, una scoperta che rincuora: di fronte ai muri della politica,
di fronte alle frontiere chiuse della politica, di fronte al filo spinato dei
governi… di fronte al cuore chiuso della politica europea… si è contrapposto il
cuore straordinariamente aperto delle popolazioni, che hanno mostrato un senso
civico, umano e pratico molto… ma molto nobile.
Le immagini
televisive di questi giorni fanno storia, una storia che non ci fa onore,
almeno per quello che riguarda la parte politica che deve prendere decisioni
importanti sul problema dei migranti, trovare soluzioni immediate e soprattutto
garantire i diritti umani a chi fugge da guerre e terrorismo.
Assistiamo,
da mesi, all’incapacità di una politica europea di far fronte alle urgenze che
non sono di natura economica, che non riguardano il mondo della finanza, che
non riguardano il PIL, lo SPREAD, le Borse e cose simili; l’Europa si misura
con problemi di natura umanitaria e qui mostra il suo vero volto: un’Europa
spaccata, con reazioni diverse, con soluzioni diverse, con principi diversi; forse
questa emergenza imprevista porta in sé una sfida più grande, è l’occasione per
recuperare un po’ di valori etici e sociali di cui si avvertiva fortemente l’assenza.
Per la
prima volta ho sentito presidenti
parlare di valori da tener presenti, di un senso umanitario da ritrovare e
riscoprire, ho sentito nei loro discorsi un qualcosa di nuovo, qualcosa che non
fa solo rima con euro, crisi e adeguamenti alle leggi europee; per la prima
volta l’Europa non ha potuto girarsi dall’altra parte, perché è stata toccata
nel cuore, in tutti i sensi; il flusso dei migranti si dirige con
determinazione verso il cuore dell’Europa, preme alle sue frontiere, chiede di
poter entrare nel cuore dell’Europa; dall’altra parte, le immagini strazianti
dei migranti morti sulle spiagge, in particolare quella di Aylan, un bimbo di
tre anni, prendono al cuore e non si può più fingere di niente.
Dopo centinaia
di bare, migliaia di morti in mare, famiglie disperate e decine di bambini
morti annegati, ecco… un solo bambino commuove il cuore europeo che per la
prima volta si interroga sul da farsi.
Quanti Aylan
ci sono voluti perché l’Europa decidesse di svegliarsi?
Certo,
meglio tardi che mai, ma tutti quei morti annegati, compresi bambini e donne
incinte, pesano su quel cuore europeo per troppo tempo assente, per troppo
tempo chiuso.
È bello
vedere, però, che il popolo sa andare oltre i confini della politica: laddove il governo si
chiude nella freddezza delle pratiche burocratiche e dei calcoli numerici, la
gente si apre alla solidarietà, non aspetta che sia il ministro o il presidente
a chiamare in causa, ma va per le strade spontaneamente, portando acqua, cibo,
vestiti, pannolini per bambini, giocattoli… un gesto di umanità che onora il
cuore di questi popoli, come quello dei siciliani che per primi hanno teso la
mano a chi fuggiva dagli orrori del terrorismo.
I profughi
hanno attraversato mezzo continente africano, a piedi, sfidando sole torrido,
fame, sete, terrorismo, stanchezza e
pericoli vari, ora stanno attraversando un altro mezzo continente a piedi, che in
tempi di pace, costruisce muri e chiude frontiere a chi rivendica semplicemente il
diritto di avere una speranza di vita.
E mentre
noi cerchiamo soluzioni contro i trafficanti di uomini, ipotizzando
bombardamenti e dirottamenti, loro, in silenzio, trovano l’alternativa: la rotta
balcanica è una scelta obbligata per sfuggire alle organizzazioni mafiose.
Il paradosso
è proprio questo: la rotta italiana alimenta le organizzazioni dei trafficanti,
ma consente loro un approdo e un’accoglienza più sicura; la rotta dei Balcani,
invece, libera dalle organizzazioni mafiose, diventa una trappola, un’ostruzione
che rischia di vanificare i loro sforzi e di allontanare il traguardo sempre
più, perché la burocrazia impedisce la libera circolazione e la libera scelta
del luogo dove porre dimora.
È vero che
servono controlli, che è necessario acquisire dati e informazioni su ciascuno
di loro, ma ciò non deve essere motivo di negazione del diritto di vivere nel
luogo in cui si desidera.
Occorre superare
certi trattati, teorici, e riscriverli tenendo conto della realtà, sulla base
delle esigenze e delle emergenze.
Se l’Europa
politica ha mostrato finora il suo cuore di ghiaccio, la gente d’Europa ha
mostrato un cuore accogliente, capace di cogliere il volto umano della
questione, piuttosto che quello finanziario.
Per la
prima volta, chi continua a fare i conti in tasca a questo o a quel Paese, di
fronte ad una realtà innegabile, si accorge che c’è un problema da affrontare e
da risolvere al più presto e chiede che di questo problema se ne faccia carico
tutta l’Europa; lo fa solo adesso, dopo anni che l’Italia cerca di far capire che
il problema non è solo italiano; oggi sui giornali leggiamo: ‘’La polizia tedesca ha stimato che solo
martedì in Baviera siano arrivati 3.500 migranti che hanno fatto richiesta di
asilo. Il governo della Germania si è impegnato ad accogliere i migranti
siriani e a concedere loro asilo, chiedendo però che uno sforzo simile sia
assunto anche dagli altri stati membri dell’Unione Europea, trattandosi di una
crisi che interessa tutti i paesi dell’Europa.’’
C’è poco da
commentare, l’unica cosa che si può dire è che… visto da lontano, il problema
non esiste o non ci tocca; dovendo fare i conti da vicino, il problema appare
tutto nella sua drammaticità ed urgenza ed allora ecco il risveglio.
È un
meccanismo normale, ma non dovrebbe essere così per chi ha scelto di servire un
popolo o addirittura un continente; non bisogna aspettare che il problema
esploda ai propri confini per capirne la portata e svegliarsi come se si
uscisse da un coma.
‘’L’Europa sembra cambiare passo dopo tanti
morti’’ dice Mattarella a
Cernobbio.
l’Europa
che ha avuto bisogno della morte di un bambino di tre anni per decidersi a fare
qualcosa; l’Europa che si commuove di fronte ad una foto, ma che fa fatica a
muoversi di fronte alle file interminabili di gente disperata.
Un’Europa contraddittoria,
ma che mostra la sua umanità nel volto
solidale della gente.
Un grazie a questa Europa solidale e
accogliente.
Un grazie a
tutti coloro che si sono chiesti che cosa possono fare per aiutare chi è stato
più sfortunato di loro; un grazie a chi non è stato a guardare; un grazie a chi
non ha speculato politicamente sulla pelle di chi è disperato, ma si è messo
nei suoi panni ed ha lasciato che il cuore parlasse e tendesse la sua mano, non
a pugno chiuso, come succede in alcune città della nostra Italia, ma a mano
aperta, tesa ad afferrare quella spaventata di un bambino o di un disabile che
attraversa mezzo mondo a piedi sperando nella solidarietà di un estraneo o meglio
di uno straniero.
L’augurio è
che l’Europa vinca la sua sfida e che si scopra forte, unita, decisa… ma dal
cuore buono, dal cuore aperto o anche solo che scopra di avere un cuore, già
questo è un passo importante!
Grazie ad
Aylan, che con il suo sacrifico ha svegliato l’Europa… il suo piccolo cuoricino
batte ancora … nel cuore vuoto della grande Europa;
sì l’Europa
ha sentito per la prima volta un palpito, un sussulto… un gemito… il cuore di
Aylan è stato trapiantato nel cuore spento dell’ Europa ed ora batte il canto
della solidarietà!
GRAZIE Aylan e Galip,
perchè i vostri sorrisi hanno dato vita al cuore dell’altra Europa!

AYLAN E GALIP,
I DUE FRATELLINI DI 3 E 5 ANNI, MORTI PER IL CAPOVOLGIMENTO
DEL BARCONE SULLE SPIAGGE TURCHE

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