sabato 3 maggio 2014



Continuano incessantemente gli sbarchi di clandestini sulle nostre coste. Riflessioni su un fenomeno dalle numerose e drammatiche implicazioni.
Giungono ogni giorno e in numero impressionante. Formano immense masse: uomini, donne e bambini, anche piccolissimi. Credono di trovare qui un mondo decisamente diverso da quello che scelgono di lasciarsi alle spalle. Credono nelle condizioni di vita migliori, nel lavoro, in un'esistenza più decorosa e meno stentata. Hanno aspettative, sogni, speranze e, come tutti, vorrebbero vederli realizzati. E guida il loro cuore e le loro menti l'auspicio che le brutture vissute finché erano nel proprio Paese d'origine non tornino più ad angustiarli; che la fame, la miseria e l'angoscia per sopravvivere siano, d'ora innanzi, solo ricordi.
Non facili da cancellare, ma perlomeno lontani dal presente e dal futuro. Sono i clandestini, giovani vite che sbarcano in Italia quotidianamente, spesso neppure in condizioni di buona salute, carichi di affanni e di paure. Nella maggior parte dei casi, non hanno documenti con sé, ma si dicono dotati di buona volontà di rimboccarsi le maniche e svolgere anche i lavori più umili (quelli della terra o legati all'allevamento del bestiame) che gli abitanti della patria, di sovente, disdegnano perché "di qualità inferiore". Vengono portati nei centri di raccoglimento appositi, ricoverati negli ospedali, se necessario, trasferiti e distribuiti in più città e paesi. Insomma, si cerca di fare il possibile anche per loro, ma non sempre è così semplice come dirlo a parole. La loro situazione, d'altronde, è così ingarbugliata e tesa, così precaria e vacillante che sarebbe disumano rifiutarsi di ospitarli, di dar loro asilo e opportunità di lavoro. I Paesi da cui provengono (in maggioranza Africa, Croazia, Liberia, Tunisia, Sierra Leone, Pakistan, Etiopia e Palestina) versano in condizioni tutt'altro che rosee e presentano divari enormi alloro interno; ossia, fette di popolazione che vivono negli agi e nel lusso più assoluto e ceti prostrati, posti letteralmente in ginocchio da povertà e miseria.
Tra i primi, tra coloro che conducono una vita invidiabile figurano i cani del racket, uomini che vivono grazie ad un mestiere illegale ma che frutta loro tantissimo. Questi trafficanti di schiavi hanno il compito di organizzare il viaggio ai clandestini. Sono in stretto contatto con i capitani di barche e gommoni; hanno conoscenze in ogni dove e chiedono, in cambio dei loro favori, somme ingenti di denaro (in media, circa ottocento euro) per ciascun essere umano da imbarcare. Il resto lo lasciano fare al destino; se il soggetto dovesse morire, ad esempio - come capita spessissimo - durante o dopo il lungo viaggio in mare, poco male. Il loro compito finisce con l'incasso dei soldi.In via teorica quest'attività costituisce un reato, anche se molti dei disperati che decidono di abbandonare il proprio Paese la giudicano come una fonte di salvezza. Negli ultimi periodi, però, parecchi clandestini che sbarcano stremati sulle coste italiane hanno deciso di collaborare con polizia e carabinieri per identificare questi avidi trafficanti di esseri umani. Addirittura, il governo tunisino ha accettato l'invito a collaborare con il nostro Paese per tentare di arginare il gravoso e copioso fenomeno dell' immigrazione illegale.
Saranno migliorate le procedure d'identificazione di coloro che raggiungono l'Italia per poterli, poi, rimpatriare e saranno inviati uomini anche dalla nostra penisola che, uniti alle Forze dell'Ordine tunisine, dovranno presidiare le zone più esposte al rischio racket, in modo da poter bloccare le lucrose attività dei "mercanti di schiavi".
Un programma che "suona" bene a sentirsi. Ma dobbiamo augurarci che sia attuabile e, soprattutto, durevole nel tempo. Ne va della dignità delle persone che, seppur diverse per colore della pelle, hanno gli stessi diritti di tutti noialtri. E ne va anche della nostra sicurezza di cittadini. In molti casi, infatti, non riuscendo a reperire un lavoro decoroso, molti di quegli immigrati entrati in Italia senza documenti, finiscono per cadere nelle grinfie del crimine e dell'illegalità.

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