martedì 20 maggio 2014

L’EUROPA DEI CAMPI CHIUSI

Siamo alla vigilia delle votazioni europee.
Quest’appuntamento ci ricorda che l’Europa siamo pure noi, anche se a volte lo siamo solo per ‘’farne le spese’’.
Una cosa è certa… non siamo gli unici a farne le spese, c’è una moltitudine di persone ancora più invisibili di noi ‘’le cui spese pagate sono molto più salate delle nostre’’: parlo del fenomeno ‘’immigrazione’’ e del fenomeno ‘’mani lavate’’ che cammina di pari passo con il primo.
Il fenomeno ‘’ mani lavate’’ è piuttosto esteso e diffuso, è una pratica di antica consuetudine, di romana memoria direi, che si usa quando non si ha il coraggio di intervenire secondo giustizia e ci si  lava le mani, come per dire ‘’il problema non è mio, perché preoccuparmi inutilmente?’’.
Lavarsi le mani è un gesto che fanno in tanti, in troppi!
Lavarsi le mani è un gesto di pulizia… in questo caso… di pulizia etnica!
È un gesto di grave irresponsabilità da parte di coloro che dicono di essere responsabili di un intero continente.
Alcuni Paesi europei hanno deciso di ‘’accogliere’’ gli immigrati sparando loro addosso con i fucili, per -  ammesso che riescano ad evitare le loro pallottole – rimandarli indietro.
Indietro… dove?
Dalla guerra da cui fuggono! (Per chi - caso mai - non conoscesse i fatti, riporto al termine un articolo di questi giorni che ci dà un'idea della situazione in Libia).
Così, donne, uomini e bambini… vengono a trovarsi tra due fuochi: pallottole a prua da parte di coloro che stanno davanti e che dovrebbero accoglierli; e pallottole a poppa da parte di coloro dai quali fuggono a causa della guerra civile; senza contare le pallottole di coloro che prima li traghettano e poi -  giunti in mezzo al mare – alleggeriscono i barconi  senza troppi scrupoli, buttando a mare o sparando a coloro che ‘’sembrano essere di troppo’’.
Questa è l’Europa di cui –orgogliosamente – facciamo parte e che ci accingiamo a guidare nel prossimo semestre.
Questa è solo una ‘’faccia’’ dell’Europa, poi c’è l’altra faccia, quella dei ‘’campi chiusi’’, quella che apparentemente accoglie per poi segregare, possiamo anche dire’’ una versione rivista – ma mantenuta intatta - dei campi di concentramento’’, un’espressione che ci ricorda storie antiche – ma non troppo – di olocausti e stermini.
Secondo un’indagine dell’osservatorio di frontiere ‘’MIGREUROP’’, che qui sotto riporto integralmente, alla fine dello scorso anno in Europa c’erano circa 400 campi chiusi, ovvero campi in cui gli immigrati vengono ‘’chiusi’’, come bestie in un recinto, senza libertà e senza diritti, senza attenzioni di nessun genere, come dire ‘’carcere a cielo aperto’’.
Trattenuti, imprigionati, in attesa di che cosa… non si sa!
Si tratta di popoli che fuggono da una guerra che uccide con le pallottole ed incappano in un’altra guerra che uccide con l’indifferenza, l’intolleranza, la segregazione… tutto quello che si sa fare è ‘’ingabbiare’’ un popolo, circoscrivere la sua presenza, evitare contaminazioni!
Il papa ha osato dire al mondo che è una vergogna lasciar morire tanta gente sotto i propri occhi, sapendo di poterla salvare… ma forse bisognerebbe ricordare prima al mondo il significato della parola ‘’vergogna’’, perché pare proprio che se ne sia persa la memoria!
C’è un senso di ‘’giusta ingiustizia’’ che ormai ha preso il primo posto nelle coscienze europee che fa davvero paura”!
L’Italia, certo, non è da meno.
Ci si alterna fra situazioni di salvataggio e altre di ‘’sviste clamorose’’, fra situazioni di apparente solidarietà ed altre di evidente razzismo.
Non so se tutto questo sia più da biasimare o più da condannare… quel che è certo è che c’è un mondo allo sfascio: un mondo di apparente perbenismo che non sa più piegarsi sulle ferite dei fratelli, che disdegna il fratello bisognoso, che chiede aiuto perché la sua vita è in pericolo; un mondo che fa i conti solo con ‘’i numeri’’, che non sa più associare nomi, volti ed esperienze di vita e riconoscersi in quei volti sofferenti e spauriti.
C’è sicuramente un mondo in subbuglio, c’è tutta una parte di mondo che deve ancora crescere, culturalmente ed economicamente, c’è un’emergenza che indubbiamente non è facile gestire: un continente che si svuota ed un altro che si riempie a dismisura; è un resoconto storico di non facile interpretazione e comprensione… ma è storia di uomini, di uomini che chiedono dignità e speranza di vita.
Il punto da tener presente è solo questo: è storia di vite umane.
Tutto il resto può fare da corollario, ciò da cui si deve partire è soltanto questo: aiutare l’uomo che fugge dalla morte.
La cronaca ci racconta e ci conferma che nella nostra ‘’cultura di morte’’ non c’è più spazio per la vita: né per chi nasce, né per chi giunge da lontano, né per chi occupa un letto in attesa dell’ultimo respiro.
Il fenomeno immigrazione si colloca in questo quadro esistenziale, di respiro europeo: la morte è l’unica soluzione ad una vita indesiderata!
La vita è un peso. La morte una soluzione.
Ci pesa e ci spaventa la vita così tanto che si vede la morte come unica speranza per un equilibrio a dir poco… squilibrato!
Sappiamo uccidere sorridendo… non sappiamo più sorridere accogliendo!
Non è una conclusione dettata da un momento di sconforto… ma una realtà che si concretizza sotto gli occhi di tutti!
Dobbiamo prendere atto che la Storia dell’Umanità sta regredendo in maniera impressionante!
Possiamo accettare o non accettare, a livello ideologico, questo resoconto, resta il fatto, però, che… i fatti ne danno conferma: un’Umanità che non sa più apprezzare e accogliere il dono della vita, che si lascia dominare dal Male, che non sa fare più gesti di amore, che non sa più donare se stessa, che uccide in nome di una giustizia-fai-da-te, priva di eticità e di senso morale.
’Di Europa si deve parlare’’ è lo slogan pubblicitario che ci viene propinato in questi giorni: sì, di Europa si deve parlare… ma dopo averne parlato… bisogna anche preoccuparsi di farla… e soprattutto di darle ‘’un’anima’’, che sia un’Europa viva… per la Vita!
Non un’Europa fobica, ma un’ Europa che non ha paura di rimodellare i suoi confini geografici ed ideologici. Un’Europa dalla mano tesa per tirare dentro ‘’la barca della vita’’ e non per sparare dentro le barche ed uccidere la vita spaventata e terrorizzata già di per sè.
L’Europa è una gran bella cosa… ma deve impegnarsi a crescere se vuole davvero che la sua bellezza splenda davanti ai popoli; deve avere il coraggio di aprire i suoi campi, di abbracciare e di accogliere la Vita che è in difficoltà.
L’Europa deve decidere se vuole essere ‘’Culla per la Vita’’ o ‘’obitorio di morte – non casuale né naturale – ma terribilmente e squallidamente voluta, desiderata, decretata!’’
La scelta si impone.
Il cuore propone.
La mente si oppone.
La vita… soccombe!
L’Umanità si corrompe nella sua natura.
Possiamo ancora farcela… ma occorre prima  fortemente volerlo!


Migreurop e la carta dei campi chiusi per stranieri
28 dicembre 2013
Pubblicato da andrea inglese
[Dal sito Migreurop: osservatorio di frontiere pubblico questo intervento, che chiarisce gli intenti dell'osservatorio militante e fornisce un aggiornamento sulle campagne contro la detenzione dei migranti nei campi chiusi.]

393: è questo il numero di campi chiusi per stranieri che appaiono sul sito closethecamps.org , online da oggi. Recensiti nei paesi dell’Unione europea (UE), quelli candidati all’adesione all’UE, elegibili alla politica europea di vicinato (PEV) o ancora negli Stati che collaborano alla politica migratoria europea, questi campi erano tutti operativi tra il 2011 e il 2013.
Queste cifre non rivelano che la detenzione nei campi chiusi (dove la privazione della libertà delle persone straniere è totale), luoghi emblematici delle numerose violazioni dei diritti fondamentali delle popolazioni migranti.
Da oltre 10 anni, Migreurop recensisce e documenta questo fenomeno. Al fine di far luce su questa realtà complessa e multipla e sensibilizzare il maggior numero di persone possibile, la rete ricorre, tra l’altro, alla cartografia. La “ Carta dei Campi ”, la cui quinta edizione è stata pubblicata nel 2012, permette di illustrare l’evoluzione e la moltiplicazione dei luoghi di detenzione degli/delle stranieri/e.
Al di là del suo lavoro di raccolta e diffusione di informazioni, Migreurop intende mobilitare tutti coloro che si oppongono ai meccanismi di detenzione ed allontanamento dei/delle migranti e ne difendono i diritti fondamentali. 

La campagna Open Access Now, lanciata nel 2011 per chiedere un accesso incondizionato della società civile e dei giornalisti ai centri di detenzione per stranieri/e ha permesso di mettere in evidenza l’opacità che continua a caratterizzare questi luoghi di detenzione  : difficoltà – per le associazioni, i/le ricercatori/trici, i/le familiari ed amici/che dei/delle detenuti/e e tutti/e i/le cittadini/e – di accedere alle informazioni su questi dispositivi, i contatti a volte difficili con le persone detenute, gli ostacoli alle azioni di sostegno e le iniziative di rivendicazione e sensibilizzazione su questo tema.
Da questa constatazione è nata, in seno alla rete Migreurop, l’idea di lavorare alla realizzazione di una banca dati e alla creazione di una « Cartografia dinamica della detenzione degli/delle stranieri/e » al fine di promuovere l’accesso del maggior numero di persone possibile alle informazioni riguardanti la detenzione amministrativa e le sue conseguenze sulla vita ed i diritti delle persone migranti.
Questo progetto partecipativo e ambizioso è stato presentato pubblicamente il 6 dicembre 2013 nel quadro dell’incontro internazionale “La detenzione degli/delle stranieri/e in Europa e al di là : quali orizzonti ?” organizzato da Migreurop e l’Observatoire de l’Enfermement des Etrangers (OEE, Francia).

Oggi, nell’ambito del progetto dell’ antiAtlas des frontières e della mostra che si terrà dal 13 dicembre al 1° marzo a “La Compagnie” a Marsiglia, la rete mette in linea il sito e conta sul contributo di tutti/e per alimentare questa iniziativa contro “L’Europa dei campi”

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79 morti e 141 feriti in scontri a Bengasi

Governo e parlamento prendono le distanze da ex generale Haftar

La Libia ripiomba nel caos. Con l'offensiva sferrata da Khalifa Haftar, ex generale in pensione ora a capo di un esercito paramilitare dotato anche di aerei e elicotteri che ha lanciato i suoi uomini contro le milizie integraliste islamiche, definendole gruppi di terroristi. Il risultato è stato un durissimo scontro con un bilancio - ancora provvisorio - di 79 morti e oltre 140 feriti.
Il governo di Tripoli ha gridato al colpo di Stato con un comunicato congiunto di governo, parlamento e esercito, letto dal presidente del Congresso generale nazionale (Cng, parlamento) Nouri Abou Sahmein, nel quale l'attacco compiuto da Haftar viene definito "al di fuori della legittimità dello stato", un vero e proprio "colpo di stato". Il generale nega: " L'operazione lanciata venerdì e battezzata 'Dignità' mira a ripulire la Libia dai terroristi. Abbiamo cominciato questa battaglia e continueremo fino a raggiungere il nostro scopo. Il popolo libico è con noi'', ha aggiunto precisando che altri suoi uomini sono pronti ad intervenire in diverse zone della Cirenaica.
Sono continuati nella notte fra sabato e domenica i disordini a Bengasi tra i paramilitari guidati dall'ex generale Khalifa Hafter e milizie islamiste. Forti deflagrazioni e spari sono proseguiti tutta la notte nella seconda città libica. La stazione radio del gruppo estremista Ansar al Sharia, ritenuto responsabile dell'attacco al consolato americano del settembre 2012, sarebbe stata distrutta da un'esplosione. Anche un deposito di munizioni di un altro gruppo armato è stato preso di mira.

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